Penale

Mutilazioni genitali femminili, la cultura di provenienza non giustifica l'ignoranza della legge penale italiana

Scatta la condanna della madre che realizza all'estero la cruenta pratica nei confronti delle figlie minori con cui risiede in Italia

di Paola Rossi

La mancanza di istruzione e l'origine culturale che differenzia lo straniero, residente nel nostro Paese, dal comune sentire del resto degli italiani non giustifica la commissione di un reato grave e odioso come l'infibulazione o altre mutilazioni genitali a danno delle donne. Sono argomenti totalmente recessivi di fronte alla violazione dell'integrità fisica dell'individuo che è diritto inviolabile tutelato dall'articolo 2 della nostra Carta costituzionale.
Perciò la cultura millenaria che impone alle madri di mutilare sessualmente le proprie figlie e il fatto che ne fosse stata vittima da bambina la stessa imputata non ha determinato alcun ribaltamento della condanna e dell'obbligo di risarcimento verso le figlie minori da parte della Cassazione che con la sentenza n. 37422/2021 ha confermato le decisioni dei giudici di merito.

A differenza di quanto sostenuto col ricorso, non scatta il principio dell'inevitabile ignoranza della legge penale per la donna africana poco scolarizzata che aveva praticato la mutilazione degli organi genitali delle figlie minori (solo) dopo un anno dall'introduzione del reato previsto dall'articolo 583 bis del Codice penale che, appunto, le vieta. Inoltre, prima del 2006 una tale condotta sarebbe stata comunque sanzionata a norma del Codice penale come reato di lesioni aggravate.

La difesa della donna ricorreva in Cassazione affermando la violazione dell'articolo 5 del Codice penale letto alla luce della sentenza costituzionale 364/1988 che dà rilievo non soltanto all'"oggettivo" dovere di informarsi sulla legge, ma anche all'elemento "soggettivo" delle competenze e delle abilità possedute dall'agente.
La Cassazione respinge sul punto la lamentela affermando che la ricorrente avrebbe dovuto contestare le eventuali lacune motivazionali. Lacune ritenute inesistenti dalla Cassazione visto l'esplicita affermazione dei giudici di appello sulla conoscibilità da parte dell'imputata del carattere deprecabile dell'infibulazione o di qualsiasi menomazione definitiva dell'organo sessuale femminile. Questo anche grazie alla circostanza che la donna avesse agito proprio nel Paese africano di provenienza dove - l'anno seguente - tale pratica millenaria veniva anche lì vietata. Non poteva, spiegano i giudici, non aver colto il mutamento di cultura e di opinione che normalmente precede la traduzione in legge di una nuova istanza della società civile. Perciò l'aver agito nel Paese di provenienza era elemento ben lungi dal sostenere la tesi dell'inevitabile ignoranza della donna sulla liceità del proprio comportamento, che ormai era stato già oggetto di forte contestazione anche nel suo stesso Stato di origine.

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