Civile

Nel concordato con assuntore si tassa il solo attivo trasferito

Con l'ordinanza 27669/2021, la Corte di Cassazione ribadisce il recente orientamento (ordinanza n. 11925/2021) sulla tematica della tassazione, ai fini dell'imposta di registro, del provvedimento di omologa del concordato (nel caso di specie, fallimentare) con assuntore. La Corte ribadisce che debba essere liquidata l'imposta sull'accollo, commisurata al debito accollato

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di Roberto Ghini*

Il tema decidendum

L'ordinanza in esame ( n. 27669/2021 ) segue a breve distanza la precedente n. 11925/2021 e, nel ribadire le modalità di applicazione dell'imposta di registro ai provvedimenti di omologa del concordato fallimentare con assuntore (ma analoghe considerazioni si applicherebbero al concordato preventivo, con assuntore), conferma lo scostamento rispetto alla posizione esegetica dell'Agenzia delle Entrate.
Nella prassi di quest'ultima, il provvedimento di omologa del concordato con assuntore darebbe luogo ad una duplice liquidazione dell'imposta, la prima sull'attivo trasferito, la seconda sull'accollo.

L'imposta sull'attivo si determinerebbe sulla base dell'art. 8, lett. a), Tariffa, parte prima, DPR 131/1986 (TUR), e quindi, in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti trasferiti, applicando le medesime aliquote previste, secondo la natura dei beni, dalle altre disposizioni in materia [1].

L'imposta sull'accollo si determinerebbe, invece, mediante l'applicazione dell'aliquota del 3% sul debito accollato, in ragione dell'art. 9 della Tariffa, parte prima, DPR 131/1986.

Tali determinazioni sarebbero quindi poste a confronto e l'imposta sarebbe determinata nella misura del più alto tra i due importi in questione.

Gli Uffici finanziari ricaverebbero una tale conclusione dall'art. 21, c. 2, TUR, secondo il quale "se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa".

In particolare, "si ritiene che l'accollo delle obbligazioni scaturenti dal concordato da parte del terzo assuntore costituisca una disposizione intrinsecamente connessa a quella relativa al trasferimento dell'attivo fallimentare, essendo entrambe finalizzate a realizzare una vicenda giuridica unitaria ed inscindibile. La connessione tra il trasferimento dell'attivo fallimentare in favore dell'assuntore e l'accollo delle obbligazioni scaturenti dal concordato non si realizza in maniera soltanto occasionale né trova la sua fonte nella mera volontà delle parti. Infatti, il trasferimento all'assuntore dei beni compresi nell'attivo fallimentare ha il suo titolo esclusivo nel provvedimento di omologa del concordato (cfr. sentenza Cass. Civ. 19 luglio 1982, n. 4239). (….) Ne consegue che, ad avviso della scrivente, si rende applicabile la disposizione recata dall' art. 21, secondo comma, del TUR, relativo agli atti contenenti più disposizioni che derivano necessariamente le une delle altre. In ossequio a tale disposizione normativa, l'imposta di registro si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa, da determinare avendo riguardo sia all'aliquota che alla base imponibile"

L'aliquota del 3%, applicata alla misura dell'accollo delle passività, determinerebbe quindi, secondo tale impostazione, un livello minimo di tassazione, non altrimenti riducibile, ancorché l'imposta sull'attivo possa essere significativamente più bassa, come accadrebbe nel caso in cui l'intero attivo sia costituito da crediti, il cui trasferimento è notoriamente tassato allo 0,5%.

È altresì evidente che, così applicando le disposizioni, si potrebbe pervenire ad una tassazione complessivamente più elevata di quella che sarebbe gravata sul trasferimento dei singoli beni dell'attivo, al medesimo valore, ma al di fuori di un concordato con assuntore.

Il tema decidendum è pertanto se una tale tesi erariale sia fondata o se, piuttosto, un tal richiamo all'art. 21, c. 2, TUR, sia invece fuori luogo.

La tassazione dell'attivo trasferito.

La giurisprudenza di Cassazione è ormai consolidata nell'affermare che il provvedimento di omologa ricade nell'ambito dell'art. 8 della Tariffa, parte prima, TUR, ed in particolare del comma 1, punto a), secondo il quale, in relazione ai provvedimenti giudiziali "recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti", si applicano "le stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti".

In tal modo la Suprema Corte punta l'attenzione all'effetto sostanziale del provvedimento di omologa, il quale come è noto, produce l'effetto del trasferimento dell'attivo (nella specie, fallimentare) all'assuntore. Ciò considerato, ben si comprende una tale conclusione, la quale ha evidentemente lo scopo di equiparare, in termini sostanziali, la tassazione del trasferimento dei singoli beni a quella del trasferimento in blocco mediante la procedura concorsuale di cui si è detto.

Del resto, riuscirebbe difficile comprendere come, se la sostanza è appunto la stessa (il trasferimento dei beni), la forma (all'interno o all'esterno di un concordato con assuntore) possa radicalmente modificare la misura dell'imposta . Peraltro, anche il dato letterale ("le stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti") dovrebbe permettere di superare ogni dubbio. L'ordinanza 27669/2021 non si discosta da tale indirizzo ermeneutico, che risulta pertanto confermato.

L'infondata applicazione dell'art. 21, c. 2, TUR

L'applicazione alla fattispecie al nostro esame dell'art. 21, c. 2, TUR, si fonderebbe, secondo l'Agenzia delle Entrate, sulla premessa che tanto il trasferimento dell'attivo quanto l'accollo del passivo sarebbero "disposizioni".

È solo con una tale premessa che l'Agenzia delle Entrate trova l'innesco per tale norma, dato che è impossibile negare che il trasferimento dell'attivo abbia luogo in quanto ricorra l'accollo del passivo, sussistendo quindi un evidente legame tra l'uno e l'altro e, pertanto, asseritamente, il presupposto per l'applicazione del citato art. 21, c. 2.

Tuttavia, sfugge all'Agenzia delle Entrate che nessuna delle due asserite "disposizioni" è in realtà tale. Per esserlo in senso proprio, ciascuna di esse dovrebbe autonomamente avere senso compiuto e produrre effetti giuridici rivelatori di capacità contributiva [2]

Al contrario, ciascuna delle due, se isolata, è nella condizione di autosufficienza.

Così, non si può immaginare una procedura che trasferisce, sic et simpliciter, il proprio attivo, senza che dall'altro lato l'assuntore si accolli il debito, sdebitando il soggetto in procedura.

Altrettanto, non si può immaginare un assuntore che si accolli il debito, senza il beneficio del trasferimento dell'attivo.

In altri termini, la "disposizione" è una sola, il concordato (fallimentare o preventivo) con assuntore, il quale si esprime, da un lato, con il trasferimento dell'attivo all'assuntore stesso e, dall'altro, con l'accollo del passivo nella misura concordataria da parte del medesimo.
A rigor di logica, pertanto, neppure è legittimo richiamarsi all'art. 20, c.2, più volte citato, non sussistendo una pluralità di "disposizioni".

L'art. 23, c. 3, TUR.

Ma anche volendo ipotizzare, solo a fini di completezza, che l'art. 21, c. 2, TUR, sia invece applicabile, resta che la medesima norma, al comma 3, dispone che "non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni".

Il comma 3 dell'art. 21 è evidentemente una deroga al principio del comma 2 . Pertanto, delle due l'uno, o si applicano entrambi, o non se ne applica alcuno.

E sul punto l'ordinanza in commento è tranchant: "Questa Corte ha affermato che - in ragione della connessione tra beni ceduti al terzo assuntore ed accollo dei debiti del fallimento - deve trovare applicazione la diversa disposizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 21, c. 3 (….). Nel concordato fallimentare, - che costituisce modalità di chiusura del fallimento alternativa alla procedura fallimentare, con l'apertura di una fase sostitutiva della liquidazione fallimentare cui si correla la permanenza degli organi fallimentari, in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito, per il buon fine del concordato medesimo, o l'eventualità della sua risoluzione od annullamento (Cass., 9 maggio 2013, n. 11027; Cass., 21 luglio 2011, n. 16040), - gli obblighi del terzo assuntore, - corrispondano o meno (per espressa previsione recepita nella omologazione del concordato) ai soli crediti ammessi al passivo, - non possono intendersi alla stregua del prezzo dei beni ceduti (d.p.r. n. 131 del 1986, art. 43, c. 2), in quanto l'assunzione di detti debiti costituisce effetto legale naturale, ed imprescindibile, del mezzo di liquidazione alternativo alla procedura fallimentare (mezzo che, come tale, rimane sottoposto al controllo degli organi fallimentari), i debiti in questione, piuttosto, concorrendo a diminuire intrinsecamente lo stesso valore dei beni trasferiti".

Conclude quindi correttamente la Suprema Corte che al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore va applicato il criterio di tassazione correlato all'art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, con l'applicazione, così, dell'imposta di registro in misura proporzionale sul valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, mentre si deve escludere dalla base imponibile il contestuale accollo dei debiti collegato a detta cessione dei beni fallimentari.

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*A cura dell'Avv. Roberto Ghini, Partner 24 ORE Avvocati

[1] Circolare 21/06/2012 n. 27/E, par. 1.2: "il decreto di omologa del concordato con intervento del terzo assuntore, in qualità di atto traslativo della proprietà dei beni a favore del terzo assuntore, deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura proporzionale, in base a quanto stabilito dall' art. 8, lett. a), della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l'applicazione delle «stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti»".

[2] In tal senso E. De Mita, Il Sole 24 Ore, 24.12.2019.


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