Famiglia

Niente assegno per l’ex moglie se è provata la relazione stabile con un nuovo partner

La Cassazione boccia per vizio di motivazione la sentenza d’appello che riconosce il contributo mensile anche se il rapporto sentimentale è pluriennale, consolidato e ufficiale

di Giorgio Vaccaro

Cassata per vizio di motivazione la sentenza di appello che mette a carico dell’ex marito l’assegno divorzile per l’ex moglie anche se era stato provato il rapporto sentimentale pluriennale e consolidato tra la donna e il suo nuovo partner, caratterizzato da ufficialità, con frequentazione quotidiana e periodi di «piena ed effettiva convivenza». Per la Cassazione, infatti, la motivazione della pronuncia di secondo grado «non consente di individuare in che modo e su quali basi si sia formato il convincimento della Corte d’appello». Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 22604 del 16 ottobre scorso.

L’impugnazione verteva sulla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, che, riformando la sentenza di primo grado, aveva disposto la corresponsione da parte dell’ex marito di un assegno divorzile in favore dell’ex moglie, benché il materiale probatorio raccolto avesse dimostrato l’esistenza di un «rapporto sentimentale pluriennale e consolidato» tra l’ex moglie e il nuovo partner «fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza». Pur richiamando questi elementi, il giudice di secondo grado aveva rilevato come non potesse tale relazione «per ciò solo dirsi connotata da quei caratteri continuità e stabilità» necessari per ipotizzare la creazione tra la donna e il suo partner di una nuova famiglia di fatto, secondo i precedenti della Corte di Cassazione.

Non solo: nel prosieguo del ragionamento, la Corte d’appello era caduta in una evidente contraddittorietà. Infatti, nel passaggio della motivazione relativo alla quantificazione dell’assegno, i giudici avevano rilevato come la ex moglie avesse «dato vita a una nuova, stabile e consolidata relazione affettiva con un nuovo compagno».

La Suprema corte ha quindi cassato la sentenza d’appello con rinvio a un collegio in diversa composizione, stigmatizzato come il percorso argomentativo «non consente di individuare in che modo e su quali basi si sia formato il convincimento della Corte d’appello, in assenza di richiami a elementi fattuali idonei a giustificare le ragioni della ritenuta assenza di continuità e di stabilità della relazione sentimentale, pur ricostruita dalla stessa Corte territoriale, in base all’istruttoria espletata in primo grado, come pluriennale, consolidata, ufficializzata, di quotidiana frequentazione e caratterizzata da periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza».

Ricorre quindi, spiega la Cassazione, «l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, il vizio risulta dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, e la motivazione non raggiunge il minimo costituzionale».

Vengono così confermati gli elementi interpretativi e la valenza dei dati fattuali, per il riconoscimento della costituzione di una “famiglia di fatto”: la nascita della quale è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto. L’esistenza di una nuova famiglia, anche se successivamente cessata, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge; quest’ultimo infatti non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.

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