Lavoro

Niente buono pasto all’impiegata che per scelta salta la pausa pranzo

Il diritto ha natura assistenziale e non retributiva ed è subordinato alla concreta fruizione della pausa

di Patrizia Maciocchi

Non ha diritto al buono pasto l’impiegato che rinuncia alla pausa pranzo per sua volontà e non per ragioni di servizio, legate ad esigenze della pubblica amministrazione. La Corte di cassazione, con la sentenza 22985, respinge il ricorso di una dipendente del ministero della Giustizia che si era rivolta al tribunale per avere il corrispondente in denaro non avendo ricevuto i ticket. Una domanda che la Suprema corte respinge, al pari di quanto avevano fatto i giudici di merito sia in primo che in secondo grado. La Corte di legittimità ricorda che il diritto alla fruizione dei buoni pasto ha natura assistenziale e non retributiva. Ed è finalizzata ad alleviare, in mancanza di un servizio mensa, il disagio di chi è costretto, a causa dell’orario di lavoro a mangiare fuori casa.

Gli accordi collettivi

Un diritto che - sottolinea la Corte - dipende dalle previsioni delle norme o dalla contrattazione collettiva che ne consentono il riconoscimento. E le norme primarie, legge 334/1997, articolo 3 comma 1 e legge 550/1995 articolo 2 comma 11, rinviano agli accordi collettivi. La regola generale lega comunque la possibilità di ottenere il “beneficio” alla concreta fruizione della pausa pranzo. Nel caso esaminato l’accordo prevede il buono per ogni singola giornata lavorativa di sei ore con pausa, non inferiore ai 30 minuti, all’interno della quale va consumato il pranzo. Senza successo la difesa dell’impiegata invoca una circolare interna che apriva al buono anche senza pausa pranzo, in caso di un recupero, in due giorni, delle ore non lavorate nella sesta giornata. Una previsione legata solo a precise esigenze di servizio della Pa, che nello specifico non c’erano, perché la scelta di saltare il pranzo per uscire alle 15, 12 dopo l’ingresso alle 8 era della lavoratrice. In ogni caso la Cassazione sottolinea che le circolari hanno un solo scopo chiarificatore, ma non sono fonti di diritto.

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I buoni pasto sono dei benefit solitamente concessi ai dipendenti in sostituzione del servizio mensa, anche al fine di ottimizzare i costi aziendali notoriamente connessi alla prestazione di tale servizio. Per vero, lo strumento del buono pasto, rispetto al comune "servizio mensa", presenta vantaggi di non poco conto, sia per i dipendenti (rispetto ai quali il buono pasto non concorre a formare reddito soggetto a tassazione), sia per le aziende (attesi i minori oneri fiscali e previdenziali connessi all'erogazione e fruizione dei buoni pasto da parte della forza lavoro).

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