Penale

Niente estradizione per lo spacciatore punito nel Paese di origine con la pena capitale

Un cittadino indiano era stato colto in possesso ai fini di spaccio di 300 kg di eroina

di Giampaolo Piagnerelli

Il mancato accordo tra Italia e India sulla detenzione di sostanze stupefacenti determina il rischio concreto che il cittadino straniero al rientro nel proprio Paese venga sottoposto alla pena capitale. E questa è condizione sufficiente perché lo straniero resti in Italia. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 18122/21.

Nei confronti di un soggetto indiano era stato spiccato un mandato di arresto interno con l'accusa di associazione per delinquere e importazione di tre partite di droga per complessivi 300 kg. circa di eroina ex articoli 8, 21, 24 e 25 del National Drugs and Psychotropic Substances Act del 1985, disciplina normativa indiana per il contrasto del traffico delle sostanze stupefacenti. Preso atto dell'assenza di una convenzione bilaterale di estradizione tra Italia e India e della possibilità di esaminare ed eventualmente accogliere la richiesta a titolo di "cortesia internazionale", la Corte d'appello ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza del reato per cui si procede e ha escluso la sussistenza di un rischio di sottoposizione dell'estradando a pena capitale ravvisando nella legislazione indiana una garanzia normativa assoluta in tal senso. I giudici di seconde cure hanno parimenti escluso il rischio di sottoposizione dell'estradando a trattamenti degradanti o non rispettosi dei diritti umani e hanno così demandato alla decisione del Ministro la risoluzione del contrasto.

Contro la sentenza è stato proposto ricorso. In particolare è stata eccepita la violazione dell'articolo 698 comma 2 cpp in relazione al rischio effettivo di essere condannato a morte. La Cassazione ha accolto il ricorso. Il Collegio ha osservato che la formulazione di accuse aggiuntive a carico dell'estradando, riferite a generiche condotte di terrorismo sono suscettibili di esporlo ad attività di indagine in relazione alle quali non è affatto remoto il pericolo di subire atti di tortura anche in ambito carcerario.

Quanto al rischio per l'estradando di essere condannato a pena capitale vale osservare che esso appare in realtà solo potenziale poiché riferito ad altro procedimento in corso nel diverso stato del Punjab e che in caso di condanna con recidiva potrebbe comportare l'applicazione della pena di morte. Sarà compito della Corte d'appello (diversa sezione) sincerarsi che un eventuale rientro in India non comporti torture carcerarie o la pena di morte.

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