Penale

Niente inquinamento idrico se manca la struttura di riversamento

La Cassazione indica il discrimine tra lo scarico di reflui e lo smaltimento non autorizzato di rifiuti

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di Marco Pauletti

Sono le modalità seguite per lo sversamento dei rifiuti che individuano il criterio di differenziazione tra scarico di reflui piuttosto che abbandono o smaltimento non autorizzato di rifiuti. Più in particolare, la disciplina delle acque è applicabile in presenza di uno scarico di acque reflue, anche se soltanto periodico, discontinuo o occasionale, in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotta, tubazioni, o altro sistema stabile nei termini suddetti. Negli altri casi in cui manchi il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo recettore trova invece applicazione la disciplina sui rifiuti. A fornire queste indicazioni è la Corte di cassazione con la sentenza 5738/2023.

Nella vicenda oggetto della pronuncia, una persona dopo essere stato condannata dal tribunale, in relazione al reato di inquinamento idrico, ricorreva per Cassazione. Nella specie eccepiva innanzitutto che si era verificato uno sversamento occasionale avvenuto per forza maggiore in conseguenza dell’intensità delle piogge, che avrebbero impedito all’imputato di trasportare i reflui sui terreni a tal fine autorizzati. Pertanto era del tutto assente lo scarico di reflui, quale sistema stabile di collettamento, per mancanza dell’elemento soggettivo del dolo. Inoltre, lamentava che a fronte di uno sversamento non prevedibile provocato per negligenza, non era possibile poter presentare una richiesta di autorizzazione. Infine, risultava del tutto assente sia uno scarico integrante la fattispecie di reato, sia la descrizione di ciò che sarebbe stato sversato anche in assenza di prelievi e analisi di campioni.

Occorre evidenziare che in materia di inquinamento idrico, per integrare il reato previsto dagli articoli 124 e 137, comma 1, del Testo unico ambientale, costituisce scarico non autorizzato di acque reflue industriali qualsiasi immissione delle stesse che avviene attraverso un sistema stabile di collettamento che colleghi senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore nelle acque superficiali.

Al riguardo la Cassazione ha rilevato la necessità del collettamento stabile delle acque per individuare la differenza fra l’applicazione della disciplina sulle acque e quella dell’illecita gestione di rifiuti. La stabilità del collettamento non va in ogni caso confusa con la presenza, continuativa nel tempo, dello stesso sistema di riversamento, in contrasto con l’occasionalità del medesimo: al contrario, va identificata nella presenza di una struttura che assicuri il progressivo riversamento di reflui da un punto all’altro. In altre parole, la disciplina delle acque sarà applicabile in tutti i casi in cui si è in presenza di uno scarico, anche se soltanto periodico, discontinuo o occasionale, di acque reflue, in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotta, tubazioni, o altro sistema stabile nei termini suddetti. In tutti gli altri casi nei quali manchi il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo recettore si applicherà, invece, la disciplina sui rifiuti. Da qui l’accoglimento del ricorso.

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