Penale

Niente risarcimento al Carabiniere che si ferisce durante inseguimento

Per la Corte di cassazione, sentenza n. 33740 del 10 settembre 2021, non c'è nesso eziologico tra l'inseguimento e le lesioni

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di Domenico Carola

I giudici della prima sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 33740 del 10 settembre 2021 non hanno riconosciuto il risarcimento al carabiniere che si ferisce durante l'inseguimento di un'auto che aveva forzato un posto di blocco, non rinvenendosi nesso eziologico tra l'inseguimento e le lesioni.

Il caso

Durante un posto di blocco un'auto, non fermandosi all'alt, lo forzava riuscendo a passare tra le due autovetture di servizio posizionate ad hoc, e costringendo i militari a scansarsi tempestivamente per non essere investiti. Lamacchina veniva rincorsa e durante l'inseguimento l'autovettura su cui viaggiava il carabiniere rimaneva coinvolta in un incidente stradale nel quale lo stesso rimaneva ferito. Il Tribunale rilevava, quanto all'addebito di lesioni ai danni del carabiniere, che non si ravvisava il nesso di causalità con la condotta degli indagati. Il vigente Codice della strada (articolo 177), seppur abilita i conducenti dei veicoli di Polizia a non rispettare i limiti e gli obblighi del Codice, impone pur sempre l'obbligo del rispetto delle norme di comune prudenza e diligenza nella guida. Anche per l'addebito di tentato omicidio, non venivano ravvisati gli elementi per poter affermare la sussistenza del dolo alternativo. L'interesse primario degli indagati era di sfuggire all'arresto e non di ledere i militari presenti né la loro condotta di guida ha attestato la volontà di dirigersi addosso ai militari stessi. Contro l'ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Urbino, che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione.

La decisione
Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile perché il Tribunale ha osservato che gli indagati sono riusciti a fuggire tra le autovetture poste a imbuto approfittando di uno spazio ampio residuato tra le stesse e che i militari, allertati dal precedente mancato rispetto della intimazione dell'alt, si erano nel frattempo scansati. Ha quindi escluso non tanto l'assenza di dolo per mancanza dell'intento omicida, quando il connotato oggettivo di idoneità della condotta a porre in pericolo l'incolumità dei militari con quella consistenza di probabilità di verificazione dell'evento, poi non verificatosi, che tratteggia l'inequivoca direzione degli atti.

Il pubblico ministero ripropone i contenuti dell'atto di appello e afferma che sono frutto di errate letture degli atti processuali. Non contrasta adeguatamente una parte della ricostruzione della vicenda dando atto che il passaggio tra le due autovetture poste a imbuto avvenne in uno "spazio del tutto ampio", il che, se collegato a un sia pure di poco precedente allontanamento da quel luogo dei militari, può non smentire la ricostruzione in fatto e quindi le conseguenze tratte dal Tribunale. E' pur vero che ha replicato che i due indagati, nonostante l'ampio spazio residuato tra le due autovetture, puntarono contro i carabinieri, ma ciò lo ha fatto proponendo una ricostruzione dei fatti che il Tribunale non ha accolto come attesta l'affermazione dell'ordinanza impugnata secondo cui la volontà dei due fuggitivi non era di dirigersi addosso ai militari.

Lo stesso vizio di genericità si individua nel motivo relativo all'addebito di lesioni aggravate. Qui è lo stesso ricorrente ad attestare la mancanza di "rilievi fotoplanimetrici", ossia di quegli accertamenti investigativi capaci di sostenere, in termini di gravità indiziaria, l'affermazione del nesso causale tra le lesioni patite dal carabiniere e la condotta dei fuggitivi. Del resto, è proprio l'assenza di elementi indiziari utili alla ricostruzione della dinamica dell'incidente che il Tribunale ha messo in evidenza come premessa, sia pure non esclusiva, della conclusione circa l'assenza del nesso causale.

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