No all'emissione di un decreto ingiuntivo in base al saldo passivo del conto anticipi
No all'emissione di un decreto ingiuntivo in base al solo saldo passivo del conto anticipi. È questa la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale di Caltanissetta (giudice Gaetano Sole) in una sentenza depositata lo scorso 10 febbraio. Con decreto del 2013, il giudice aveva ingiunto a una Srl e ai suoi fideiussori di pagare 331mila euro a una banca; la somma era stata richiesta quale saldo di un conto relativo a concessione di credito su anticipo fatture. Contro il provvedimento monitorio è stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo 645 del Codice di procedura civile. I ricorrenti hanno eccepito che non era stato prodotto il contratto di conto corrente, per il quale l'articolo 117 del Dlgs 385/1993 («Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia») richiede la forma scritta; hanno quindi aggiunto che, in ogni caso, la mancata esibizione della documentazione relativa a tale contratto non consentiva la corretta quantificazione delle somme richieste dalla banca. Dal canto suo, quest'ultima ha contestato che la propria produzione fosse incompleta, essendo stati allegati i contratti relativi all'anticipazione su fatture.
Nell'accogliere l'opposizione, il Tribunale si sofferma, innanzitutto, sul meccanismo operativo del conto anticipi. Uno strumento - si legge nella sentenza - che ha «la funzione di regolare in un conto accessorio le poste attive e passive che derivano da un'operazione di finanziamento, avente a oggetto l'anticipo di somme su fatture emesse e non ancora pagate da terzi». In particolare, il correntista presenta alla banca la fattura di cui chiede l'anticipazione, e l'istituto di credito versa la somma in una percentuale stabilita nel contratto. L'importo è messo a disposizione del correntista attraverso accreditamento sul conto corrente ordinario; la stessa somma viene quindi, al contempo, iscritta a debito nel conto anticipi. Dopo che la banca ha riscosso il credito, il cliente può tornare a usufruire di nuove anticipazioni, sino al limite dell'affidamento che gli è stato concesso. Solo alla fine del periodo stabilito dalle parti, il saldo del conto anticipi (in cui convergono gli interessi passivi sulle anticipazioni concesse al cliente) confluisce quindi nel conto corrente di corrispondenza. Il conto anticipi è dunque privo di «autonomia strutturale e funzionale»; questo perché tale conto - ricorda il giudice nisseno, citando la sentenza 25943/2011 della Corte suprema - è, in sostanza, uno strumento tecnico finalizzato alla realizzazione di un'operazione di apertura di credito, che, «in quanto tale, è pur sempre accessoria rispetto al rapporto principale di conto corrente».
Di conseguenza, «(quantomeno sino alla data di definitiva chiusura) il saldo passivo del conto anticipi non può ritenersi ex se indicativo di uno scoperto». Infatti, il rapporto di debito/credito fra la banca e il correntista è piuttosto «rappresentato, in ogni momento, dal saldo del conto corrente ordinario, sul quale le anticipazioni affluiscono, mediante “giroconto”». Nel caso in esame, la banca non aveva prodotto il contratto di conto corrente né quello di apertura di credito. Per questi motivi, il decreto ingiuntivo è revocato; l'istituto di credito è quindi condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate in 25mila euro.
Tribunale di Caltanissetta - Sentenza 10 febbraio 2016 n. 76