Civile

No all'equo indennizzo per lo sforamento dei termini interni al procedimento

La Cassazione ha anche chiarito che i tempi di correzione dell'errore materiale non incidono sul termine perentorio per proporre il giudizio di equa riparazione

di Francesco Machina Grifeo

Con due decisioni depositate oggi la Cassazione, affermando due diversi principi di diritto, ha definito alcuni casi in cui la richiesta di equo indennizzo per la irragionevole durata del processo non può essere accettata. In particolare, la Corte ha chiarito che il mancato rispetto dei termini ordinatori interni al procedimento è ininfluente se non produce uno sforamento del tempo massimo previsto. Inoltre, ha affermato che i tempi di correzione dell'errore materiale non incidono sul termine perentorio per proporre il giudizio di equa riparazione che dunque va rispettato.

Quando il deposito del provvedimento, spiega la prima sentenza, la n. 38471, avviene dopo la scadenza dei termini ordinatori, ma comunque la durata complessiva del processo non supera il termine di ragionevolezza, non si configura alcun diritto alla percezione dell'indennizzo. D'altra parte, prosegue la Corte, "qualora detto ultimo termine sia superato, il diritto all'equo indennizzo si configura anche in presenza di un deposito tempestivo del provvedimento giurisdizionale conclusivo del giudizio".

È stato così respinto il ricorso di un uomo il quale benché il suo giudizio fosse stato definito nell'arco di due anni, sei mesi e quattro giorni, aveva chiesto di essere indennizzato sia perché la causa "presentava una minima difficoltà", sia perché la decisione era arrivata con un provvedimento depositato a due anni di distanza dall'unica udienza. Per la Cassazione però non si può fa altro che constatare "l'assoluta indipendenza dei due termini, rispettivamente previsti dall'ordinamento per il tempestivo deposito dei provvedimenti giurisdizionali, e per la ragionevole durata del processo, e dunque l'irrilevanza del superamento del primo di essi, ai fini della configurazione del diritto all'equo indennizzo".

In definitiva per giudici sul punto va affermato il seguente principio di diritto: "Il superamento dei termini previsti dall'ordinamento per il deposito dei provvedimenti giurisdizionali, aventi natura ordinatoria, non rileva ai fini della sussistenza del diritto della parte coinvolta nel processo all'equo indennizzo di cui alla legge n. 89 del 2001, ai fini del quale l'unico elemento decisivo è il superamento del diverso termine di ragionevole durata del processo". "Ne consegue che il superamento del termine previsto per il deposito del provvedimento giurisdizionale può sussistere anche a prescindere dalla durata irragionevole del processo presupposto, come pure, d'altro canto, il diritto all'equo indennizzo può configurarsi, in caso di superamento del termine di ragionevole durata, anche in presenza di un tempestivo deposito del provvedimento giurisdizionale conclusivo del processo presupposto".

Con una seconda decisione, la n. 38473, la VI Sezione civile ha poi rigettato anche un altro ricorso affermando che il tempo occorrente per la correzione dell'errore materiale non comporta alcuno slittamento del termine perentorio per proporre il giudizio di equa riparazione. Niente da fare dunque per il ricorrente che invece sosteneva che la decorrenza del termine di 6 mesi dovesse essere spostato in avanti dovendo partire "dalla definizione dell'istanza di correzione".

"Il procedimento di correzione dell'errore materiale – scrive la Corte dettando il secondo principio di diritto - , proponibile senza limiti di tempo, se da un lato costituisce parte del processo al quale accede, e va quindi calcolato ai fini della valutazione del superamento del termine di ragionevole durata dello stesso, non spiega, d'altra parte, alcun effetto ai fini dell'individuazione del momento dal quale decorre il termine per la proposizione del ricorso per il riconoscimento dell'equo indennizzo di cui alla legge n. 89 del 2001. Di conseguenza, anche in pendenza di un procedimento di correzione dell'errore materiale, il ricorso per il riconoscimento dell'equo indennizzo per irragionevole durata del processo va proposto entro il termine perentorio di sei mesi dalla definizione del giudizio al quale esso si riferisce".

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