Lavoro

No a licenziamento per superamento del comporto se la busta paga non indica le assenze

La mancata indicazione nel foglio presenze crea un legittimo affidamento del lavoratore sul numero di assenze per malattia e fa sorgere l’obbligo di preavviso sull’imminente superamento del tetto previsto

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di Paola Rossi

Se è vero che il datore di lavoro non è tenuto a informare il lavoratore dell’imminenza del superamento del periodo di comporto è anche vero che tale adempimento è invece dovuto se le presenze in busta paga sono indicate in maniera difforme dal reale numero di giorni di malattia. È perciò illegittimo il licenziamento per superamento del comporto di un lavoratore che abbia fatto affidamento sulle assenze per malattia riportate nel foglio presenze allegato alla busta paga. E, in tal caso, il comportamento del datore non può dirsi ispirato da principi di correttezza e buona fede. Ciò che comporta l’illegittimità del licenziamento del lavoratore che ha superato il periodo di comporto, perché di fatto tratto in inganno dalla condotta del datore su cui è normale che il dipendente faccia affidamento,

La Cassazione civile - con la sentenza n. 22456/2024 - ha appunto respinto il ricorso del datore di lavoro che riportava meno giorni malatte sul cedolino del dipendenete che aveva poi licenziato. Il ricorreente riteneva - al contrario - sussistente l’obbligo per il lavoratore di controllare il portale dell’Inps per tenersi aggiiornato sull’andamento delle proprie assenze verificando iil numero effettivo di certifcati medici registrati nel sistema. Ciò -a maggior ragione - se è pacifico anche per la giursprudenza che non sussista l’obbligo datoriale di preavvertire il lavoratore dell’imminente superamento del periodo di comporto.

La Cassazione rigettando il ricorso conferma, la decisione di secondo grado dove afferma, invece, che sussiste un tale adempimento di preavviso al lavoratore quando questo sia necessario a correggere le indicazioni erronee e fuorvianti che lo stesso datore di lavoro aveva fornito al dipendente nei prospetti presenze allegati alle buste paga. E quindi per eliminare quel ragionevole affidamento ingenerato nel lavoratore dal precedente e reiterato comportamento datoriale.
Al contrario il giudice di primo grado aveva ritenuto che non sussistesse tout court l’obbligo di preavvertire il lavoratore dell’imminente superamento del periodo di comporto: pur avendo il datore di lavoro ingenerato nel dipendente un incolpevole affidamento.

La Cassazione conclude affermando che il lavoratore avrebbe sempre potuto verificare autonomamente il numero effettivo di assenze per malattia, eventualmente accedendo al portale web dell’Inps, ma è anche vero che il comportamento posto in essere dal datore di lavoro, il quale ha fornito indicazioni fuorvianti al lavoratore, non può essere considerato conforme a buona fede e correttezza. Da cui la conferma dell’annullamento del licenziamento e dell’ordinata reintegra nel posto di lavoro.

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