Penale

No al sequestro delle quote senza ingerenze sulla gestione

La Corte di cassazione, con la sentenza 34602, accoglie il ricorso di 109 soci lavoratori di una cooperativa

di Patrizia Maciocchi

Da restituire ai soci lavoratori le azioni sequestrate nell’ambito di un’inchiesta sul reato di caporalato, se il loro mantenimento non incide sulla gestione di un’azienda. Un potere di “interferenza” escluso, oltre che dalla nomina di un amministratore giudiziario, anche dalle forti limitazioni previste dall’ordinamento delle società cooperative all’accumulo e al trasferimento delle quote societarie. La Corte di cassazione, con la sentenza 34602, accoglie il ricorso di 109 soci lavoratori di una cooperativa, contro il sequestro preventivo delle loro azioni, unito a quello dell’intera azienda, con nomina di un amministratore giudiziario. Misure cautelari reali - confermate dal Tribunale del riesame - adottate il relazione di una serie di reati, tra i quali anche l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro (articolo 603-bis del Codice penale). Una condotta quest’ultima per la quale il sequestro preventivo è finalizzato alla confisca obbligatoria, come previsto dall’articolo 603-bis comma 2 del Codice penale. Ma per la Cassazione il sequestro va annullato. Per i giudici di legittimità, infatti, pur dando per acquisita la sistematicità delle condotte criminose attribuite alla società, resta del tutto imprecisato come la detenzione delle azioni da parte dei ricorrenti possa agevolarle.

Nell’ordinanza impugnata non si spiega come i due amministratori di fatto potrebbero intervenire, attraverso le azioni dei soci, sulla gestione di una società per la quale è stato nominato un amministratore giudiziale. E considerate anche le vie strettissime per l’accumulo e il trasferimento delle quote azionarie. Né, di conseguenza, è ipotizzabile il pregiudizio che deriverebbe dalla restituzione.

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