Amministrativo

Non c'è interesse ad agire se manca un concreto pregiudizio alla posizione giuridica che si dichiara lesa

Il Consiglio di Stato si occupa di interessi collettivi con la sentenza n. 6697 del 2020, distinguendo tra legittimazione ad agire e interesse

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di Giulia Laddaga

Il Consiglio di Stato torna a occuparsi di interessi collettivi con la sentenza n. 6697 del 2 novembre 2020. Distinguendo la legittimazione ad agire dall'interesse ad agire, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha da un lato riconosciuto la legittimazione attiva della ricorrente associazione di categoria, dall'altro lato ne ha contestato l'interesse all'azione, concludendo per l'inammissibilità del ricorso.

La vicenda - La ricorrente è un'associazione di imprese esercenti l'attività di sorveglianza e prevenzione antincendio, e la sua azione è volta a impedire la partecipazione a una gara di operatori economici privi di affidabilità specifica e pregressa esperienza tecnico-professionale nel campo della sorveglianza antincendio. In particolare, l'associazione di categoria ha contestato la previsione della lex specialis che consente la partecipazione alla procedura attraverso mere "referenze bancarie", in alternativa al requisito del "fatturato specifico".

L'interesse collettivo - Come ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza, l'interesse collettivo è un interesse sostanziale che eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, riferibile a un gruppo stabile, non occasionale. Si tratta cioè di una sintesi, e non di una sommatoria, dell'interesse di tutti gli appartenenti alla collettività o alla categoria, che quindi può essere fatto valere in giudizio. Costituisce ius receptum che affinché possa riconoscersi la legittimazione attiva di un'associazione, questa deve far valere in giudizio un interesse, concreto e attuale, avente valenza statutaria.

In altre parole l'azione per la tutela dell'interesse collettivo, "entificato" nell'associazione, deve riguardare un provvedimento lesivo di uno scopo statutario, e che quindi deve riguardare tutti gli associati, e non solo una parte di essi.

La decisione di Palazzo Spada - Secondo il Giudice dell'Appello, dunque, l'associazione di categoria legittimamente difende la professionalità e la competenza delle imprese che svolgono servizi di sorveglianza antincendio, difendendone la peculiarità, nel legittimo perseguimento degli scopi statutari dell'associazione volti a tutelare l'interesse generale di tutte le imprese operanti nel settore della vigilanza antincendio.
Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato, nell'azione proposta dall'associazione di categoria manca l'interesse concreto ad agire. Manca cioè l'utilità giuridica derivante dal ricorso, in quanto manca un concreto e attuale pregiudizio alla posizione giuridica che si dichiara lesa.

Le clausole contestate, rileva il Collegio, non hanno valenza "escludente" ma "permissiva", ampliando la platea dei possibili partecipanti alla procedura. La lesione appare quindi del tutto ipotetica, visto che all'esito della procedura potrebbe risultare aggiudicataria proprio un'impresa del settore della sorveglianza e prevenzione antincendio.
In altri termini, la posizione soggettiva corporativa azionata in giudizio non può dirsi in concreto compromessa dalla procedura impugnata, costituendo tale effetto lesivo una mera possibilità, di per se stessa non sufficiente a sorreggere l'interesse al ricorso.

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