Non è ricusabile il giudice perché ha adottato una misura cautelare personale annullata
Non c’è incompatibilità per il magistrato che deve giudicare in sede cautelare la stessa questione di diritto anche se si tratta di misure personali senza distinzione da quelle reali su cui esplicitamente si era già espressa la Consulta
Non c’è incompatibilità per il magistrato che deve giudicare in sede cautelare la stessa questione di diritto anche se è stata in precedenza risolta in modo non conforme alla legge. Come spiega la Cassazione con la sentenza n. 41418/2025 l’incompatibilità non sussiste in caso di ordinanze annullate in materia cautelare sia reale sia personale.
Sul punto la Cassazione fa rilevare come nel giudizio di rinvio, quando l’annullamento è in sede di legittimità, non venga individuato il giudice come persona fisica diversa a differenza di quando invece l’annullamento riguardi una sentenza che ha definito nel merito la causa.
Al centro del giudizio viene posta la decisione n. 91/2023 della Consulta che aveva già escluso l’incompatibilità del giudice che ha adottato la misura cautelare reale annullata a proseguire il giudizio di cognizione. Ma - precisa la Cassazione - che non è differente la situazione di incompatibilità o di terzietà in cui si trovi il giudice se la misura cautelare di cui si discute sia di natura personale
Sulla ricusazione
Il ricorso lamentava che il magistrato ricusato sarebbe stato chiamato a pronunciarsi nuovamente sulle medesime questioni di diritto relative alla inutilizzabilità delle prove sulle quali già si era pronunciato con precedente provvedimento da lui redatto ed emesso da un collegio da lui presieduto. Contro la dichiarata manifesta infondatezza dell’istanza da parte della Corte di appello il ricorso lamentava l’adozione della decisione perché assunta senza contraddittorio.
La Cassazione respinge tale motivo ricordando che la manifesta infondatezza della richiesta di ricusazione deve essere dichiarata con procedura camerale de plano e senza sentire le parti interessate in camera di consiglio, previa fissazione di udienza e avviso. Infatti, l’articolo 41, comma 1, del Codice di procedura penale prescrive che il collegio (nel caso la Corte d’appello) provveda «senza ritardo». E solo nel caso in cui non sia rilevata la manifesta infondatezza e l’istanza sia quindi valutata nel merito si applica il comma terzo che prevede il rispetto delle forme fissate dall’articolo 127 dello stesso codice di rito che governano in via generale i procedimenti in camera di consiglio.







