Civile

Non puo essere «punito» l’eccesso di zelo dell’avvocato nel citare le parti

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L'eccesso di zelo dell'avvocato può essere un clamoroso boomerang per il professionista. Il ricorso di opposizione, notificato anche al ministero degli Interni solo per conoscenza (in relazione alle spese di giudizio), non può essere oggetto di giudicato e ritorcersi quindi contro il legale. Quindi il Tribunale non può condannare parti diverse che non sono state coinvolte nel giudizio. La Cassazione - con l'ordinanza n. 3926/19 - ha precisato come nel caso concreto fosse stato legittimo il compenso per l'attività difensiva svolta in un giudizio di ottemperanza davanti al Tar Lazio nell'interesse del proprio cliente, ammesso al patrocinio dello Stato. Con il medesimo provvedimento il Tribunale ordinario di Roma ha condannato il ministero della Giustizia, quale parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e di quello instaurato a seguito di riassunzione. I giudici di primo grado, però avevano condannato, l'avvocato al pagamento delle spese di lite in favore del ministero dell'Interno. Ma – si legge nella sentenza - la condanna al rimborso delle spese in favore dell'Interno è stata giustificata in base alla regola della soccombenza, rilevandosi che quest'ultimo ministero del quale era stata esclusa legittimazione non avrebbe dovuto esser convenuto e pertanto non avrebbe dovuto partecipare a nessuna e a nessuna liquidazione del compenso. I giudici della Cassazione hanno dato ragione all'avvocato dolendosi della condanna alle spese in favore del ministero dell'Interno, a cui il ricorso in opposizione era stato notificato solo con finalità di conoscenza, quale parte del giudizio presupposto.

Corte di Cassazione - Sezione VI-2 - Sentenza 11 febbraio 2019 n. 3926

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