Non rifiuta un atto d’ufficio il chirurgo che non prosegue l’intervento se manca il suo secondo
Il comportamento omissivo del pubblico ufficiale deve essere illecito e l'atto deve essere urgente perché scatti il reato di rifiuto di atti d'ufficio. Così un medico chirurgo ospedaliero ha ottenuto ragione dalla Corte di cassazione che ha cancellato, «perché il fatto non sussiste», tanto la condanna quanto l'imputazione stessa per il reato previsto dall'articolo 328 del codice penale. La sentenza n. 24952 depositata ieri ha, infatti, inquadrato come legittimo il rifiuto del medico a proseguire un'operazione in assenza del secondo chirurgo e col rischio che svanissero prima della conclusione dell'intervento gli effetti necessari dell'anestesia. Da cui l'interruzione dell'operazione avviata.
Il rifiuto di operare senza sicurezza - Nessun rilievo, quindi, al medico che ometta, con la motivazione di aver voluto evitare rischi al paziente, un intervento non ritenuto «salva vita», cioè urgente. E' infatti rilevante perché si configuri il reato che l'atto richiesto debba essere eseguito «senza ritardo» perché non arrechi un ingiusto danno a chi lo necessita. E, nel caso specifico, la Corte di cassazione ha ritenuto a differenza dei giudici di merito che fosse una posizione di “valore” e non deprecabile quella del medico che aveva dichiarato che in assenza del secondo chirurgo l'operazione vascolare necessaria al paziente avrebbe comportato seri rischi di emorragia. Per cui decise per il rinvio dell'intervento. Infatti, dalla narrazione processuale emerge che, attesi inutilmente 20 minuti per l'arrivo del secondo chirurgo, l'imputato aveva deciso la retromarcia dopo aver già praticato i primi tagli epidermici sul paziente. Inoltre, spiegava il medico ai giudici che per un soggetto cardiopatico vi sarebbe stato il rischio di infarto a causa del dolore provato, visto che l'anestesia aveva un tempo di copertura che per il tempo sprecato poteva non essere sufficiente fino alla fine dell'operazione.
La scelta legittima - I giudici di merito avevano giudicato letteralmente impaziente il medico e valutato solo il disagio del paziente di doversi sottoporre a un secondo intervento dopo le incisioni del primo tentativo poi bloccato. La Cassazione dà, invece, rilievo al diritto del paziente di essere operato in condizioni di sicurezza e sposta la lente dal diniego (solo apparentemente illegittimo) del medico alla circostanza che - come lui stesso lamentava - era stato abbandonato da solo in sala operatoria per un intervento che va condotto per scienza medica da due chirurghi.
Corte di Cassazione – Sezione VI – Sentenza 4 giugno 2018 n. 24952