Notifica delle multe, ok al «messo» privato incaricato dall'ente e casa comunale delocalizzata
I Comuni possono conferire a soggetti privati l'esecuzione dei compiti del messo comunale, compresa la notificazione dei verbali di accertamento delle infrazioni stradali. In caso di impossibilità di consegna, la casa del Comune dove il messo deve depositare la copia dell'atto può anche non essere la sede storica del municipio, ma qualsiasi struttura individuata previamente dal Comune e a ciò destinata. È quanto si afferma nella sentenza n. 22167 della Cassazione, depositata ieri.
Il caso - La controversia trae origine dall'impugnazione di una cartella esattoriale, notificata dal Comune di Firenze a un cittadino per il recupero coattivo di due sanzioni amministrative per altrettante infrazioni al codice della strada. L'uomo riteneva nulla la notifica sia perché essa veniva eseguita da un privato e non dal messo comunale; sia perché il deposito del plico era avvenuto in un luogo diverso dalla sede storica del Comune di Firenze in Palazzo Vecchio. Il Giudice di pace prima e il Tribunale poi hanno rigettato però il ricorso affermando che la spedizione dell'avviso ben poteva essere compiuta da un privato, cui l'amministrazione comunale avesse conferito l'incarico; e che il deposito era valido perché era avvenuto nel luogo a ciò deputato dal Comune.
Il messo e la casa comunale - La questione è arrivata in Cassazione, dove l'uomo ha cercato, invano, di far cambiare il verdetto. Anche i giudici di legittimità, infatti, hanno rigettato le sue tesi difensive e colto l'occasione per fornire l'esatta interpretazione delle nozioni di messo comunale e di casa comunale. Quanto al messo, dall'esame dell'articolo 201 del codice della strada emerge chiaramente la possibilità per i Comuni di avvalersi di questa figura, indipendentemente dal tipo di rapporto giuridico che lega questi al Comune. I messi comunali, cioè, potranno essere dipendenti, mandatari o appaltatori, essendo l'Amministrazione «libera di scegliere la formula contrattuale più consona al pubblico interesse».
Quanto alla casa del comune, dall'esame dell'evoluzione storica e della ratio della normativa in tema di notifiche, a partire dalle norme post unitarie sino all'attuale articolo 140 del codice di procedura civile, emerge come la casa comunale sia da sempre il luogo deputato allo svolgimento di svariate attività, quali notifiche, affissioni, pubblici proclami e così via, tutte giustificate dalla facilità della individuazione del municipio da parte della popolazione. Una volta mutato il contesto socioeconomico, tuttavia, l'espressione deve essere intesa come «municipio od altro luogo a tal fine designato dall'amministrazione comunale». In sostanza, ben può l'amministrazione comunale delocalizzare la sede, purché ciò sia deciso con «atto adottato prima della notificazione e con menzione nell'avviso di avvenuto deposito».
Corte di Cassazione – Sezione III – Sentenza 5 settembre 2019 n. 22167