Lavoro

Novità nella lotta al gender gap

La Legge n. 162 amplia la nozione di "discriminazione" fino a ricomprendere ogni trattamento o modifica dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell'età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza, di maternità o paternità, pone (o potrebbe porre) il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:

di Roberto Podda e Ottavia Colnago*

Il 3 dicembre è entrata in vigore la Legge 5 novembre 2021, n. 162 ("Legge n. 162"), che modifica il Codice delle Pari Opportunità (D. Lgs. n. 198/2006) e introduce importanti novità nella lotta al gender gap.

La Legge n. 162 amplia la nozione di "discriminazione" fino a ricomprendere ogni trattamento o modifica dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell'età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza, di maternità o paternità, pone (o potrebbe porre) il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:

- posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;

- limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;

- limitazione dell'accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione di carriera.

Inoltre, la Legge n. 162 allarga la platea dei soggetti tutelati, includendo sia i lavoratori propriamente intesi sia i candidati ancora in fase di selezione.
Non solo.

Con la Legge n. 162 il legislatore "passa all'azione" e richiama il mondo dell'impresa alla necessità indifferibile di adeguarsi ai dettami della novella legislativa: sono previsti, infatti, pervasivi strumenti di verifica e controllo sulle misure concretamente adottate dal datore di lavoro per ridurre il divario di genere.

Nello specifico, si abbassa a 50 dipendenti la soglia oltre la quale aziende pubbliche e private sono tenute a redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, andando così a rendere applicabile tale normativa a circa 28mila imprese . Dal punto di vista procedurale, tale rapporto deve essere compilato con cadenza biennale e trasmesso dalle aziende alle RSU/RSA entro il 31 dicembre. Esso dovrà indicare il numero dei lavoratori occupati di sesso femminile e di sesso maschile e di quelli assunti nel corso dell'anno, il numero delle lavoratrici in stato di gravidanza, l'inquadramento contrattuale, la funzione svolta, e ogni altro dettaglio relativo all'aspetto retributivo.

Inoltre, il rapporto dovrà contenere informazioni circa i processi di selezione e indicare le modalità di accesso al dossier da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali, al fine di usufruire della tutela giudiziaria, nel rispetto della normativa privacy.Ulteriori indicazioni verranno fornite a breve dal Ministero del Lavoro.

Non si tratta di uno strumento di soft law, ma di una normativa vincolante. L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, nell'ambito delle proprie competenze, potrà attivarsi al fine di verificare la genuinità dei rapporti. Nel caso di rapporto mendace o incompleto, si applicherà una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 Euro. Qualora le aziende non trasmettano il rapporto nei termini previsti, dopo una prima diffida ad adempiere, si applicherà la sanzione amministrativa da 515 a 2.580 Euro e, in caso di inottemperanza protratta per oltre 12 mesi, verrà disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dalle aziende inadempienti.

A decorrere dal 1° gennaio 2022, è inoltre istituita la "certificazione della parità di genere": si tratta di uno strumento diretto ad attestare l'effettiva adozione, da parte dell'impresa datrice di lavoro, di politiche e misure concrete finalizzate a ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Tramite decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri verranno stabiliti:

- i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte delle aziende, con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza;

- le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro;

- le modalità di coinvolgimento delle RSA, dei consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti competenti;

- le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.

Per l'anno 2022, alle aziende private che siano in possesso della sopra riferita certificazione della parità di genere è concesso, nel limite di uno stanziamento pari a 50 milioni di Euro, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali.

Infine, alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere, verrà riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

Per quanto dunque l'Italia risulti ancora fanalino di coda nella corsa alla parità di genere, la Legge n. 162 rappresenta un importante passo in avanti, capace -si auspica- di intervenire concretamente nella realtà aziendale e di rendere effettiva la normativa antidiscriminatoria.

Le previsioni della novella legislativa si accompagnano alle disposizioni del Decreto Semplificazioni 2021 (DL n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla Legge 108/2021), che -nell'ambito delle procedure di gara relative agli investimenti pubblici finanziati con le risorse previste dal Dispositivo di ripresa e resilienza e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari- espressamente impone agli operatori economici, già tenuti alla redazione del rapporto sulla situazione del personale, di produrre copia dell'ultimo rapporto redatto, con attestazione della sua conformità a quello trasmesso alle rappresentanze sindacali unitarie/aziendali e ai consiglieri di parità, a pena di esclusione dalle gare di appalto.

Un ulteriore aspetto pratico, da monitorare nel corso del 2022, sarà l'impatto che tali adempimenti avranno nell'ambito delle operazioni straordinarie: l'auspicio, infatti, è che la compliance alle previsioni della Legge n. 162 rappresenti un tassello di valore (anche) nella valutazione delle aziende. Ciò potrebbe contribuire ad accelerare il percorso verso un'effettiva parità di genere.

Nonostante vi sia la diffusa consapevolezza che la vera trasformazione potrà avvenire solo in corrispondenza di un autentico cambiamento socio-culturale, fondato sulla promozione della formazione e delle infrastrutture sociali, v'è la speranza che la riforma introdotta dal legislatore riformista possa, da un lato, contribuire a sensibilizzare gli orientamenti degli stakeholder, conducendoli verso una maggior considerazione della parità di genere come valore fondante della realtà aziendale e, dall'altro lato, sia in grado di incidere nella vita quotidiana dell'impresa, favorendo la sperimentazione ed adozione di procedure e condotte aziendali largamente condivise.

*a cura degli avv.ti Roberto Podda e Ottavia Colnago, K&L Gates – Studio Legale Associato

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