Nulla la cartella di pagamento nella parte relativa a importi non chiari al contribuente
Nulla la cartella di pagamento nella parte relativa ad importi non chiari al contribuente. Se i criteri di calcolo degli interessi e delle sanzioni, usati dall'agente di riscossione, non sono di facile comprensione, infatti, il cittadino non può sapere se la somma richiesta sia effettivamente dovuta oppure no. A dirlo, è la Commissione Tributaria Regionale di Lecce, con sentenza 1634 del 3 maggio 2017. Due, i contribuenti che decidono di impugnare le loro cartelle, d'importo complessivo superiore a 60mila euro. Oltre a non essere stato indicato il funzionario responsabile del procedimento, i documenti erano privi di sottoscrizione e di motivazione. Il conteggio delle somme, poi, non era corretto. Conseguente, la richiesta di annullamento degli avvisi o, comunque, di ricalcolo del dovuto. Agente per la riscossione e Amministrazione finanziaria insistono nella richiesta e la Commissione Tributaria Provinciale conferma l'obbligo dei ricorrenti di sborsare la cifra pretesa. Ma i due non si arrendono e portano il caso in Commissione Tributaria Regionale che, invece, ne accoglie l'appello. In realtà, puntualizza, l'omissione del richiamo al responsabile – come già affermato da Cass. 9872/2016 – non è vizio tale da procurare la nullità dell'atto, se relativa a ruoli precedenti, come nel caso concreto, giugno 2008. La sua esistenza, del resto, non dipende dall'apposizione del sigillo, del timbro o di sottoscrizione leggibile, ma dall'inequivolabile riferibilità «all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo». Lo conferma il fatto che la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la firma dell'esattore, ma solo la sua intestazione e l'indicazione della causale (Cass. 25773/2014). Tuttavia, il ricorso va accolto – ed annullata la parte “malata” dell'avviso – nella parte in cui a difettare è una cristallina indicazione delle modalità di calcolo degli interessi e dei compensi di riscossione di cui si intima il pagamento. Come ricorda la Cassazione, in materia tributaria, l'obbligo di motivazione dell'atto impositivo – teso a permettere all'utente di conoscere la pretesa ed, eventualmente, poterla contestare – non solo esige che gli elementi conoscitivi del caso siano forniti tempestivamente e, dunque, inseriti nel provvedimento, ma anche che a ciò si provveda con un grado di determinatezza ed intelligibilità tale da «consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa» (Cass. 7056/2014). Sul punto, poi, la CTR Piemonte, intervenuta con sentenza 92/36/12, aveva marcato la nullità della cartella esattoriale nell'ipotesi in cui il contribuente non avesse avuto un quadro limpido del tasso degli interessi applicato, né del metodo di calcolo usato dall'agente, capitalizzazione semplice o composta e, nel secondo caso, di quale fosse il periodo di riferimento. Da censurarsi, allora, nella vicenda leccese, la mancata indicazione in cartella, del dettaglio del calcolo degli interessi addebitati agli appellanti – con consequenziale effetto sulle relative sanzioni – trattandosi di difetto di motivazione che giustifica l'annullamento dell'avviso, seppur limitatamente a tali importi. Diversamente, non si sarebbe potuto ottenere il placet all'iscrizione a ruolo delle somme dovute.
Ctr Lecce - Sentenza 1634 del 3 maggio 2017