Famiglia

Nuova convivenza, per l’assegno non basta che l’ex sia più ricco

Occorre provare lo stato di bisogno e il contributo dato alla vita comune

di Giorgio Vaccaro

Nel giudizio di revisione dell’assegno divorzile, la nuova convivenza more uxorio dell’ex coniuge beneficiario con un terzo non fa cadere automaticamente il diritto ad avere la somma, ma il giudice deve tenerne conto, «in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano». Potrà mantenere l’assegno, in funzione esclusivamente compensativa, l’ex privo di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, se prova il contributo offerto alla vita familiare e alla realizzazione del patrimonio comune e dell’ex coniuge. Mentre non basta, per avere l’assegno, indicare una generica «sperequazione notevole dei redditi» tra gli ex coniugi. Lo ha ribadito la Cassazione che, con l’ordinanza 14256 del 5 maggio scorso, ha richiamato i principi affermati dalle Sezioni unite con la sentenza 32198 del 5 novembre 2021.

In particolare, la Cassazione ha ricordato come l’instaurarsi di una «stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata» incida sul diritto sia al riconoscimento di un assegno di divorzio, che alla sua revisione e alla sua misura, ma non determini necessariamente la perdita integrale del diritto all’assegno, «in relazione alla sua componente compensativa». Per mantenere l’assegno divorzile, la parte «dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata a occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge».

Nel caso esaminato dalla Cassazione, però, l’ex richiedente l’assegno ha mancato anche solo di dedurre la spettanza dell’assegno sotto il profilo compensativo, mentre è solo stato fatto un riferimento del tutto generico a una non meglio precisata «sperequazione notevole tra i redditi delle parti che è il prodotto delle decisioni assunte dai coniugi durante il matrimonio».Si tratta di un’affermazione – rileva la Cassazione – che non consente di identificare l’ipotetica consistenza di un contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata a occasioni lavorative e di crescita professionale, o dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare o personale dell’ex coniuge.

Quindi, per mantenere l’assegno divorzile, nonostante la nuova relazione more uxorio, nel giudizio di revisione, il richiedente deve provare di aver subito un sacrificio personale, con connesso beneficio in capo all’ex coniuge, tanto da mantenere la quota compensativa dell’assegno. In mancanza di questa prova, la nuova convivenza fa decadere il diritto all’assegno divorzile.

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