Penale

Obbligo di dimora, il Gip può limitare gli orari di uscita senza richiesta del Pm

La Cassazione, sentenza 19463 depositata oggi, cambiando indirizzo, amplia lo spettro dei poteri del Giudice per le indagini preliminari

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza 19463 depositata oggi, cambiando indirizzo, amplia lo spettro dei poteri del Giudice per le indagini preliminari nella applicazione dell'obbligo di dimora. Per la III Sezione penale infatti, "non viola il principio della domanda cautelare il giudice che, adito della richiesta di applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora, d'ufficio prescriva all'indagato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, ai sensi dell'art. 283, comma 4, cod. proc. pen.". Precedentemente invece la Corte aveva affermato che è illegittima l'iniziativa officiosa del giudice per le indagini preliminari il quale, in mancanza di una richiesta del pubblico ministero, disponga modalità più gravose di applicazione della misura (Sez. 6, n. 456 del 14/02/1992).

Accolto dunque il ricorso del Procuratore della Repubblica del Tribunale di Enna contro l'ordinanza del Tribunale della Libertà di Caltanissetta che, accogliendo parzialmente il ricorso di un uomo indagato per droga, aveva annullato l'ulteriore previsione disposta dal Gip di non allontanarsi dalla abitazione dalle 20,00 di alle ore 6,00 del giorno successivo.

Secondo il Pm, e la Cassazione gli ha dato ragione, laddove il Tribunale ha eliminato l'ulteriore prescrizione per mancanza della domanda cautelare del Pm, è incorso in un errore di diritto, in quanto l'articolo 283, comma 4, cod. proc. pen. attribuisce al G.i.p. l'autonomo potere di impartire una prescrizione accessoria che attiene alla fisionomia propria della misura.

"È ben vero - scrive la Cassazione - che, ai sensi dell'art. 291 Cpp, le misure cautelari personali sono disposte dal giudice su richiesta del pubblico ministero, sicché, in assenza della domanda cautelare, salvo i casi espressamente previsti dalla legge, al giudice è preclusa la possibilità di applicare ex officio misure cautelari personali". Del resto, prosegue la decisione, la giurisprudenza di legittimità "è saldamente attestata" nel ritenere che "vige il principio della ‘domanda cautelare' sia quando debba procedersi all'adozione di una misura, sia quando vengono in considerazione le modalità esecutive della misura stessa perché, ad esempio, le esigenze cautelari risultino aggravate, con la conseguenza che è illegittima l'iniziativa officiosa del giudice per le indagini preliminari il quale, in mancanza di una richiesta del pubblico ministero, disponga modalità più gravose di applicazione della misura, ovvero provveda alla sostituzione ex officio, e senza parere del pubblico ministero, della misura degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria".

Tuttavia, nonostante sulla specifica questione dell'obbligo di dimora si registri una sola decisione che nega il potere del Gip di disporre "modalità più gravose" nell'esecuzione, per la Suprema corte tale conclusione non è "persuasiva". Seguendo il "chiaro dato testuale dell'art. 283, comma 4, cod. proc. pen.", prosegue il ragionamento, esso prevede espressamente che "il giudice può, con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro". In tal modo, si attribuisce al giudice, regolarmente investito della domanda cautelare, "un potere discrezionale autonomo in ordine a un profilo del tutto accessorio della misura in esame, che, appunto, può essere disposto ex officio in relazione alla valutazione delle esigenze cautelari da preservare nel singolo caso concreto, e con il limite che da dette prescrizione non derivi pregiudizio per le normali esigenze di lavoro del soggetto a cui viene applicata la misura".

Pur se incidente sulla libertà di movimento, la prescrizione di cui all'articolo 283, comma 4, cod. proc. pen. non è infatti assimilabile a una misura di tipo custodiale, quale gli arresti domiciliari, perché, come evidenziato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 215 del 1999, "mentre la persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, ancorché autorizzata ad assentarsi dal luogo degli arresti 'nel corso della giornata' (e, quindi, non per più giorni consecutivi) per cause specifiche e per recarsi in luoghi determinati, non cessa per ciò solo di essere in stato di custodia e, pertanto, in una condizione di 'non libertà', la persona sottoposta alla misura dell'obbligo di dimora è invece 'libera' nell'ambito del territorio individuato dalla ordinanza applicativa, anche nell'ipotesi in cui le venga prescritto l'obbligo di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno".

In questo senso, conclude, il carattere meramente accessorio della prescrizione di cui all'articolo 283, comma 4, cod. proc. pen., che "non è assimilabile al contenuto di una misura incidente sulla libertà personale", fa sì che essa "come espressamente previsto dalla norma, "può" essere disposta dal giudice, già legittimamente investito della domanda cautelare".

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