Occupazione abusiva di immobili: finalmente chiarezza su danno risarcibile e onere della prova
Con due recentissimi arresti (le pronunce gemelle S.S.U.U. n. 33645/2022 eS.S.U.U. n. 33659/2022) la Suprema Corte ha inteso porre fine con auspicio di definitività all'annosa questione della prova del danno nell'ipotesi di occupazione abusiva di immobili, chiarendo in particolare se, in tale materia, il pregiudizio debba o meno considerarsi in re ipsa
Il tema del riconoscimento dei danni derivanti dall'occupazione abusiva di immobili ha sempre rappresentato un problema rilevante sia per la dottrina che per la giurisprudenza, spesso con prese di posizione contrastanti. È stato infatti sovente contestato se la prolungata occupazione di immobili sine titulo fornisse autonomamente un fondamento per la risarcibilità del maggior danno o meno.
Con due recentissimi arresti (le pronunce gemelle S.S.U.U. n. 33645/2022 e S.S.U.U. n. 33659/2022 ) la Suprema Corte ha inteso porre fine con auspicio di definitività all'annosa questione della prova del danno nell'ipotesi di occupazione abusiva di immobili, chiarendo in particolare se, in tale materia, il pregiudizio debba o meno considerarsi in re ipsa.
Le due pronunce hanno fatto seguito a due rispettive ordinanze di remissione (Cass. Civ., III Sez., 17 gennaio 2022, n. 1162 e Cass. Civ., II Sez., 8 febbraio 2022, n. 3946), che è utile richiamare sinteticamente al fine di chiarire i diversi orientamenti sul tema, che le S.S.U.U. hanno cercato di conciliare.
• Nel rimettere la questione, la III Sez. ( ordinanza n. 1162/2022 ) ha infatti riscontrato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'occupazione abusiva fornisce una presunzione semplice di danno da perdita subita corrispondente al valore locativo del cespite abusivamente occupato. È escluso quindi che la prova del "danno – conseguenza" si identifichi in modo completo con la prova del "danno – evento", ossia l'occupazione abusiva. Se così non fosse, argomenta la III Sez., ci si troverebbe di fronte ad un danno punitivo privo di riconoscimento legislativo (cfr. S.S.U.U. n. 16601/2017 ): il soggetto leso potrebbe infatti ottenere un risarcimento abnorme anche non avendo subito, nel concreto, alcun pregiudizio.
Al contrario, secondo la III Sez. se al proprietario è concesso un regime probatorio di favore, che consente di dimostrare il danno emergente sulla base della presunzione semplice della mera occupazione, ciò comunque non esclude la necessità di dover provare l'intenzione di mettere l'immobile a frutto con riguardo al lucro cessante.
• Diverso invece l'orientamento della II Sez. ( ordinanza n. 3946/2022 ), secondo la quale per il configurarsi del pregiudizio non è necessaria la conseguenza delle lesione del diritto, ma è sufficiente quest'ultima. Pertanto, sulla questione se la compressione della facoltà di godimento diretto del bene quale proprietario debba considerarsi quale danno risarcibile, l'ordinanza osserva quanto segue: l'impedimento a ricavare utilità dal bene non dovrebbe richiedere alcuna prova ulteriore rispetto a quella del fatto generatore del danno. Pertanto, la prova del " danno – conseguenza " si esaurisce nella prova del "danno – evento" , ossia, data la prova della violazione della norma di diritto è data anche la prova del danno da perdita subita.
Ciò non vuol dire tuttavia che la sussistenza del danno sia irrefutabile: sarà sempre possibile per il convenuto dimostrare che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell'immobile (ed a tal fine, la II Sez. predilige il concetto di "danno presunto" rispetto alla locuzione di "danno in re ipsa"). Diverso invece il regime probatorio del lucro cessante: ove, infatti, il proprietario agisca per il danno da mancato guadagno, dovrà offrire la prova specifica delle occasioni di guadagno perse, anche mediante il ricorso a presunzioni semplici o al fatto notorio.
Vediamo dunque la soluzione adottata dalle S.S.U.U.
Il Supremo Consesso ammette infatti in linea di principio il concetto di danno "presunto", aderendo in sostanza all'orientamento della II Sez., ma al contempo frenando la forza espansiva del concetto.
Sono tre i principi di diritto enunciati dalla Corte:
1. "nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta";
2. "nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato";
3. "nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato".
Alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte e dal tenore delle pronunce può quindi sostenersi che:
A. Fondamento del danno emergente risarcibile in ipotesi di occupazione sine titulo è la perdita della possibilità di esercizio del diritto di godimento del bene da parte del proprietario, considerata come conseguenza immediata e diretta della violazione del diritto di proprietà. Pertanto, una volta che il proprietario abbia allegato la perdita della concreta possibilità di esercitare il diritto di godimento , il danno emergente è presunto , e, se non provato nel suo specifico ammontare, può essere liquidato in via equitativa dal giudice, se del caso, adottando come parametro il canone di locazione di mercato.
B. Il risarcimento del lucro cessante non è sottratto all'onere di allegazione specifica. Il proprietario spogliato del bene avrà dunque l'onere di provare la mancata possibilità di locare o vendere l'immobile ad un prezzo superiore a quello di mercato.
Concludendo, alla luce delle considerazioni che precedono, si attende con interesse di valutare l'adozione dei precedenti principi da parte della giurisprudenza di merito, dato il consistente e quanto mai attuale livello del contenzioso in materia.
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*A cura di Davide Traina, partner, e Michele Musto, trainee, di Dentons