Penale

Omicidio stradale, più spazio alla revoca della patente di guida

Su fatti coperti dal giudicato non opera l’incostituzionalità della misura obbligatoria. Per la Cassazione si tratta di sanzione amministrativa con fini di prevenzione

di Guido Camera

La revoca della patente disposta dal giudice penale per omicidio e lesioni stradali non ha una finalità punitiva, ma di prevenzione della sicurezza stradale. Di conseguenza, gli effetti della sentenza 88/2019 della Consulta, che ha dichiarato l’incostituzionalità della revoca obbligatoria della patente per tutte le ipotesi dei reati stradali in questione a prescindere dall’effettivo grado di pericolosità dell’autore per gli utenti della strada - ovvero una delle misure più simboliche della legge 41/2016 sull’omicidio stradale -, non si possono estendere ai fatti coperti dal giudicato. Lo ha stabilito la sentenza 3415/2021 della Cassazione, depositata il 27 gennaio 2021.

La decisione
Alla Corte si era rivolta una persona cui era stata inflitta la revoca della patente da una sentenza irrevocabile di patteggiamento per lesioni stradali, nonostante non le fossero state contestate le aggravanti previste dall’articolo 590-bis del Codice penale e avesse beneficiato della diminuente speciale del concorso di colpa indicata al comma 7 della stessa norma.

Nel ricorso aveva sostenuto che la revoca della patente è un effetto penale della sentenza di condanna, o patteggiamento, per i reati stradali contro la persona: perciò, in seguito all’intervento demolitorio della Corte costituzionale del 2019, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto porre rimedio a una pena divenuta illegale, utilizzando i parametri indicati dalla Consulta e sostituendo la revoca con la sospensione.

La sentenza 88, infatti, ha stabilito che - fuori dai casi di lesioni e omicidio stradali aggravati dall’abuso di alcol o droghe – il giudice penale non deve infliggere indistintamente la revoca della patente, ma può valutare tutte le circostanze del caso applicando, in alternativa, la sospensione della licenza di guida da un minimo di 15 giorni a un massimo di 2 anni (per le lesioni stradali) e 4 anni (per l’omicidio).

Secondo la sentenza 3415/2021 della Cassazione, tuttavia, le revoca della patente di guida, anche se inflitta dal giudice penale, «conserva i connotati che contraddistinguono la sua peculiare essenza, incentrata tutta sulla tutela di un interesse di spettanza della pubblica amministrazione» ovvero «assicurare la collettività dalla possibile reiterazione del comportamento pericoloso»; le pene sono perciò affiancate da sanzioni amministrative in modo da «dare una risposta efficace, contemporaneamente repressiva e preventiva, rispetto a fatti poli-offensivi, ovvero dotati di una particolare pericolosità per la convivenza sociale e per gli interessi pubblici».

Le conseguenze
Questa decisione della Cassazione, che si fonda sulla natura amministrativa, e non penale, delle sanzioni interdittive stradali, come, appunto, la revoca della patente, in concreto, rischia di creare rilevanti disparità di trattamento tra i condannati, che non derivano dalla loro effettiva pericolosità per la sicurezza stradale, ma dalla data di irrevocabilità della sentenza.

Si pensi al caso di due incidenti con feriti di pari gravità, commessi da persone diverse prima della sentenza della Corte costituzionale del 2019. Nel primo caso, l’imputato opta subito per il patteggiamento e subisce la revoca obbligatoria della patente; ora, in base all’interpretazione della Cassazione, si trova nella situazione di non poterla più metterla in discussione, anche se la norma che dispone la sanzione è stata dichiarata incostituzionale, visto che nel frattempo è maturato il giudicato. Nel secondo caso, invece, l’imputato sceglie il giudizio ordinario e, grazie alla pronuncia della Corte costituzionale, dopo la revoca della patente disposta in primo grado, ottiene in appello la sospensione per un periodo peraltro interamente assorbito da quello già sofferto a titolo di sospensione cautelare disposta dal Prefetto nell’immediatezza del fatto, in base all’articolo 223 del Codice della strada.

La stessa Cassazione, del resto, con la sentenza 3946 del 2 febbraio scorso, ha spiegato che l’onere motivazionale che riguarda la sanzione accessoria della revoca della patente deve essere particolarmente specifico, soprattutto in presenza di un concorso di colpa, «trattandosi del trattamento sanzionatorio più grave»: tant’è che la statuizione della sentenza che riguarda la revoca della patente, anche in caso di patteggiamento, può essere oggetto di ricorso per Cassazione.

I punti chiave

1. La norma
La legge 41 del 2016, che ha introdotto i reati di omicidio e di lesioni stradali, ha modificato il Codice della strada (articolo 222 del decreto legislativo 285/1992) prevedendo che alla condanna o all’applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) per questi reati conseguisse sempre la revoca della patente di guida

2. La Consulta
La Corte costituzionale, con la sentenza 88 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità della nuova disposizione inserita nel 2016 nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna o di patteggiamento per i reati di omicidio e di lesioni stradali, il giudice possa decidere di non revocare la patente ma solo di sospenderla se non ricorrono le circostanze aggravanti dell’abuso di alcol o droghe

3. La Cassazione
La Cassazione, con la sentenza 3415 del 2021, ha precisato che la “discrezionalità” del giudice riconosciuta dalla sentenza della Consulta si ferma di fronte alle sentenze irrevocabili di condanna. Questo perché la revoca della patente, anche quando è decisa dal giudice penale, non sarebbe una sanzione penale ma amministrativa, con l’obiettivo di garantire la sicurezza stradale

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