Comunitario e Internazionale

Orario di lavoro, deroghe possibili non per categorie e solo in via eccezionale

Il diritto Ue non impedisce un’applicazione differenziata in presenza di uno scopo legittimo, a patto che le misure di siano ragionevoli, basate su elementi concreti e su una comparazione delle situazioni lavorative

di Marina Castellaneta

La sicurezza e la salute dei lavoratori vanno assicurate nel settore pubblico e privato. Il diritto Ue, però, non impedisce un’applicazione differenziata per alcune categorie di lavoratori in presenza di uno scopo legittimo, a patto che le misure di deroga siano ragionevoli, basate su elementi concreti e su una comparazione delle situazioni lavorative. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 4 maggio (cause riunite C-529/21 e altre) interpretando gli articoli 1 e 12 della direttiva 2003/88/Ce su taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (recepita in Italia con Dlgs 66/2003).

Alcuni vigili del fuoco, che avevano svolto lavoro notturno per 8 ore nell’arco di una giornata avevano chiesto l’incremento della retribuzione tenendo conto che erano andati al di là delle 7 ore di lavoro notturno previste dall’ordinamento interno, con un calcolo più svantaggioso sotto il profilo retributivo. Le autorità amministrative bulgare si erano opposte perché per il settore pubblico vige un regime speciale che prevede la possibilità per il datore di lavoro di fissare in 8 ore e non in 7 il lavoro notturno. I vigili del fuoco avevano citato in giudizio il ministero dell’Interno e i giudici bulgari, prima di decidere, hanno chiesto l’aiuto della Corte Ue.

Precisato che la direttiva 2003/88 si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, la Corte ha stabilito che, salvo per alcune esclusioni espressamente previste, non è possibile limitare l’applicazione della direttiva lasciando fuori un intero settore come quello pubblico. È vero che in taluni casi lo Stato può avere particolari necessità per lavoratori chiamati a svolgere un determinato compito e che talvolta possono verificarsi eventi improvvisi, ma un’applicazione differenziata può essere disposta solo per ragioni eccezionali, senza arrivare a un’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva che è in ogni caso vincolante anche per il settore pubblico.

Alcuni servizi – osserva la Corte – non sono prevedibili, ma se alcune attività sono abituali, il datore di lavoro, pubblico o privato, deve organizzare preventivamente anche gli orari di lavoro. I vigili del fuoco svolgono un compito con abitualità, seppure in presenza di eventi improvvisi e, quindi, la direttiva è applicabile anche nei loro confronti, senza poter invocare una generale eccezionalità che porta a un’esclusione dalla direttiva.

Detto questo, però, gli Stati possono prevedere una diversa durata del lavoro notturno tra lavoratori nel settore privato e nel pubblico impiego, senza con ciò violare l'articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali sulla parità di trattamento. A patto, però, che procedano a una comparabilità delle situazioni. È la stessa direttiva a lasciare un certo margine di discrezionalità agli Stati membri sulle misure di attuazione, ma nel rispetto dei limiti fissati a Lussemburgo.

Di qui la necessità che eventuali diversità di trattamento non siano legate a categorie astratte e non coinvolgano in modo automatico il settore pubblico, ma siano fondate su un criterio obiettivo e ragionevole e perseguano un legittimo scopo. Spetta poi al giudice nazionale comparare le situazioni, in modo specifico e concreto, verificando la proporzionalità delle misure.

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