Comunitario e Internazionale

Parità di retribuzione tra donne e uomini è principio Ue direttamente applicabile dal giudice

Il raffronto è possibile non solo quando si tratti dello "stesso lavoro", ma anche in caso di prestazioni lavorative di "stesso valore"

di Paola Rossi

La parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e femminile è principio dell'Unione europea direttamente applicabile dal giudice nazionale. La Corte di giustizia dell'Unione europea - con la sentenza sulla causa C-624/19 - ha quindi affermato la diretta applicabilità nelle cause nazionali tra aziende e dipendenti del disposto dell'articolo 157 del Tfue. Ma soprattutto ai fini dell'operatività della norma ha parificato la nozione di "stesso lavoro " e di "lavoro di pari valore".

La Corte Ue traccia la strada del ragionamento che deve seguire il giudice per operare il raffronto tra i trattamenti diversi ai fini di ristabilire la parità retributiva: il paragone è possibile se le diverse situazioni siano riconducibili a un'"unica fonte". E tale unicità è ravvisabile quando il datore di lavoro è il medesimo anche se i lavoratori posti a confronto sono assegnati a sedi o stabilimenti diversi dell'impresa. Questo è il presupposto per l'applicazione diretta dell'articolo 157 del Tfue che, appunto, non è limitato alle situazioni in cui i lavoratori di sesso diverso messi a confronto svolgono uno «stesso lavoro», ma si estende anche a quelle relative a un «lavoro di pari valore». La questione se i lavoratori interessati svolgano uno «stesso lavoro» o un «lavoro di pari valore» comporta una valutazione di fatto del giudice. La norma del Tfue è quindi un principio generale che non necessità del filtro di norme attuative nazionali. Esso però non è applicabile - conclude la Cgue - quando le diverse situazioni non possano essere ricondotte ad un'unica fonte: venendo a mancare il soggetto che possa ristabilire la parità di trattamento. Ed è l'identità del datore che costituisce tale fonte unica anche in caso di dipendenti che lavorano in diversi stabilimenti della sua impresa.

In via preliminare la Cgue ha dichiarato la propria competenza sul rinvio pregiudiziale britannico - anche dopo il recesso del Regno Unito in vigore dal 1° febbraio 2020 - in quanto domanda presentata prima della fine del periodo di transizione, fissata al 31 dicembre 2020.

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