Lavoro

Patto di non concorrenza: valido il corrispettivo anche se erogato in costanza di rapporto

Non sono richiesti particolari requisiti, la validità prescinde dal valore di mercato e dall'utilità per il datore di lavoro

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di Alberto De Luca, Roberta Padula*

Con ordinanza n. 23418 del 25 agosto 2021 , la Corte di Cassazione torna ad affrontare il tema dei requisiti di validità del patto di non concorrenza.

La pronuncia della Corte trae origine dal ricorso proposto da un dirigente bancario che (tra altre rivendicazioni avanzate) aveva impugnato il patto di non concorrenza sottoscritto, ritenendolo viziato, in quanto, essendo il corrispettivo erogato in costanza di rapporto, era aleatorio e comunque incongruo, ciò integrando una violazione del requisito disposto dall'art. 2125 cod. civ.

Nel caso di specie, il patto di non concorrenza prevedeva un impegno del dirigente a non svolgere, in determinate regioni del nord e centro Italia, attività o mansioni analoghe a quelle svolte per la Banca per la durata di tre mesi, a fronte di un corrispettivo pari ad 10.000 euro annuali, da corrispondersi annualmente unitamente alla retribuzione mensile.

Il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi nel merito, aveva riconosciuto e dichiarato la nullità del patto di non concorrenza, con ciò liberando il dirigente dal pagamento delle penali previste per la sua violazione, condannando però il ricorrente alla restituzione della somma percepita a titolo di corrispettivo.

In sede di successiva impugnazione della sentenza, la Corte di Appello di Milano, riformando la pronuncia di primo grado sul punto, dichiarava la validità del patto di non concorrenza, non ritenendo sussistere un vizio (né sotto il profilo della aleatorietà né sotto il profilo della congruità) in ordine alla quantificazione del corrispettivo che, al contrario, poteva, a giudizio della Corte, essere validamente riconosciuto in corso di rapporto unitamente alla retribuzione. Avverso la decisione di secondo grado, il dirigente proponeva ricorso per cassazione.

La Suprema Corte ha affermato che, ai fini della validità del patto di non concorrenza, non sono richieste particolari forme o criteri di quantificazione del corrispettivo, essendo sufficiente che esso non sia né simbolico, né manifestamente iniquo o sproporzionato, in relazione al sacrificio imposto al lavoratore ed alla riduzione delle sue capacità di guadagno.
Ciò, a prescindere sia dall'ipotetico valore di mercato del patto, sia dall'utilità che il patto rechi al datore di lavoro e ben potendo essere erogato anche in corso di rapporto unitamente alla retribuzione mensile.

Nel percorso argomentativo, la Suprema Corte ha chiarito che il corrispettivo legato alla durata del rapporto non può dirsi aleatorio e, in aggiunta, il fatto che il suo ammontare, in quanto corrisposto in costanza di rapporto, sia destinato ad aumentare con il crescere dell'anzianità aziendale, meglio contempera gli interessi di entrambe le parti, posto che una più lunga permanenza in un posto di lavoro specializzante può rendere più difficile una nuova collocazione sul mercato in altri ambiti e quindi, idoneo a compensare il maggior sacrificio rispetto ad un rapporto di breve durata.
Ciò, secondo la Corte, avuto anche riguardo, nel caso di specie, alla breve durata del patto di non concorrenza ed alla limitata estensione territoriale a cui esso era riferito.

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*A cura degli Avv. ti Alberto De Luca– Partner /Roberta Padula, – Associate, De Luca & Partners

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