Penale

Peculato e non appropriazione indebita al direttore postale che s'impossessa del denaro dello sportello Atm

La Cassazione affronta il contrasto giurisprudenziale e propende per quello più recente che ravvisa la qualifica di pubblico ufficiale

di Paola Rossi

Confermato il peculato per il direttore postale che si era impossessato di denaro della cassa Atm e della cassa Dup fintamente caricandolo nello sportello Atm dell'Ufficio.
L'attività di caricamento rientra in quella del risparmio postale di valenza pubblica per le finalità che persegue.
Il denaro destinato al prelievo self dalla cassa Atm di Poste Italiane va comunque ritenuto proveniente da risorse che l'ufficio postale detiene anche quali introiti dei servizi postali prestati: per cui l'appropriazione di tali risorse di rilevanza pubblica costituisce peculato.

Se è vero che l'attività di bancoposta è equiparata a quella bancaria di natura privatistica è pur vero che le risorse con cui si alimenta lo sportello bancomat delle Poste derivano dallo svolgimento di attività certificative del denaro pubblico introitato come corrispettivo dei servizi postali.

L'indicazione interpretativa
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 45873/2022, non solo ha rigettato il ricorso, ma a sostegno del rigetto ha operato una comparazione tra i due diversi orientamenti emersi in relazione alle condotte appropriative del denaro Atm da parte del personale postale. Confermando la natura pubblicistica del caricamento dello sportello Atm in quanto è attività di prestito effettuato con risorse dell'ufficio postale e su cui il direttore ha poteri certificativi.

Il ricorso rigettato
Il ricorrente sosteneva che l'essersi impossessato di denaro prelevato dalla Cassa Atm e dalla Cassa Dup non potesse costituire peculato in quanto l'ambito in cui aveva commesso l'illecita condotta non era relativo a quello dei servizi postali che hanno sicuramente rilevanza pubblicistica. Non poteva quindi essere imputato di peculato in quanto difettava in tale contesto la sua qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, mentre la vicenda andava ascritta all'ambito di svolgimento di normale attività bancaria notoriamente di natura privatistica.
A sostegno della propria tesi difensiva faceva rilevare che un'analoga condotta tenuta dal direttore di un istituto di credito è per giurisprudenza pacifica considerata come reato di appropriazione indebita. Di conseguenza l'imputazione del direttore postale per peculato costituirebbe una violazione del principio costituzionale di uguaglianza per aver dato rilevanza pubblicistica alla medesima attività bancaria svolta dal direttore dell'ufficio postale.

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