Per accertare la natura stupefacente di una sostanza basta la semplice confessione
Per accertare la natura di stupefacente di una sostanza non è necessaria la perizia o un accertamento tecnico da svolgersi secondo le disposizioni di cui all'articolo 360 del Cpp, essendo all'uopo sufficiente il materiale probatorio costituito da dichiarazioni dell'imputato, indagine con narcotest et similia. Così la sezione IV della Cassazione con la sentenza 8 gennaio 2020 n. 265.
Principio pacifico, applicabile in tutti i casi di cosiddetta "droga parlata". In termini, di recente, sezione VI, 6 novembre 2018, Russo, per la quale, appunto, in termini generali, la perizia o comunque l'accertamento tecnico non costituiscono lo strumento esclusivo al fine di accertare la natura drogante della sostanza oggetto del processo; sezione VI, 6 ottobre 2016, Di Pietro e altri, secondo la quale, nel caso di reati in materia di stupefacenti non è determinante, a fini di prova, il sequestro o il rinvenimento delle sostanze, potendosi fare riferimento a prove di altro genere, a cominciare dalle intercettazioni telefoniche o ambientali; nonché, proprio con riguardo all'accertamento tecnico, sezione IV, 29 gennaio 2014, Feola e altri, per la quale, in tema di stupefacenti, il giudice non ha alcun dovere di procedere a perizia o ad accertamento tecnico per stabilire la qualità e la quantità del principio attivo di una sostanza drogante, in quanto egli può attingere tale conoscenza anche da altre fonti di prova acquisite agli atti.
Nella specie, la sentenza ha così ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva condannato gli imputati per una pluralità di episodi di cessione di droga fondandosi, tra l'altro, sulla confessione di alcuni di essi.
Cassazione –Sezione IV penale – Sentenza 8 gennaio 2020 n. 265