Professione e Mercato

Per le aggregazioni mercato sconfinato ma serve un nuovo approccio

Intervista con Alberto Pirone (gruppo Clarity), di professione “aggregatore di studi professionali”

di Valeria Uva

Alberto Pirone, 45 anni, commercialista, laurea in Bocconi. Dopo un passaggio in Kpmg, oggi si divide tra il proprio studio di commercialista e l’altra professione, quella di «aggregatore di studi», con un taglio più manageriale.

Ci spieghi meglio.

Ho cominciato 15 anni fa, acquisendo un piccolo studio di Milano. Da allora ho capito che lo studio singolo non ha più mercato. Nel 2015, con altri soci, ho fondato Clarity, una holding specializzata proprio in acquisizioni di studi. Oggi fatturiamo 3,5 milioni con sei studi in Lombardia.

Quale è il vostro target ideale? 

Realtà molto indipendenti con buona marginalità (almeno il 40%), disposte a fare sinergia su servizi non ancora offerti . L’unica condizione è adottare il nostro software gestionale.

E i rapporti con l’ex titolare?

A parte il software, tendiamo a mantenere l’identità degli studi. L’operazione riesce solo se si instaura una buona intesa con il professionista, che resta anche per lunghi periodi.

Quale effetto ha avuto la pandemia sulla vostra attività?

Abbiamo dovuto rallentare, sia in termini di investimenti sia per concentrarci sui servizi ai clienti. Ma anche le occasioni sono mancate; ora però si stanno riaffacciando delle proposte che a breve si potrebbero concretizzare.

Prevedete di crescere ancora?

Credo che nei prossimi 30 anni avremo ancora davanti praterie. La mia professione deve ancora evolvere verso una organizzazione simile a quella delle aziende clienti, meno incentrata sul singolo professionista. L’impatto psicologico è forte: servono tre anni per assimilare il cambiamento. Anche i dipendenti, a volte, non riescono ad abituarsi alla logica aziendale; qualcuno preferisce andarsene.

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