Penale

Per l’imposta evasa anche i costi aggiuntivi con i dati dei fornitori

La sentenza 34661 della Cassazione: si considerano gli importi non contabilizzati ricostruiti con le fatture acquisite dalla GdF

di Antonio Iorio

Nei reati dichiarativi la quantificazione dell’imposta evasa deve considerare anche i costi non contabilizzati i cui documenti sono stati acquisiti presso i fornitori. A precisarlo è la sentenza 34661/2021 della Cassazione depositata il 20 settembre.

Un imprenditore veniva condannato per omessa presentazione delle dichiarazioni. Nel procedimento, si difendeva, tra l’altro, evidenziando la non corretta determinazione della imposta evasa: non erano state considerate le fatture di acquisto che, ancorché non contabilizzate, erano state acquisite dalla Guardia di Finanza presso i fornitori.

La Corte d’appello riteneva inammissibile il gravame perché, in sostanza, tali costi non erano stati provati in quanto contabilizzati.

Nel ricorso per cassazione l’imputato lamentava che i costi, non considerati ai fini della quantificazione della soglia di punibilità, erano stati documentati dai propri fornitori e pertanto era irrilevante la loro registrazione in contabilità.

La Cassazione ha accolto il ricorso. I giudici legittimità hanno ricordato, innanzitutto (sentenza 21639/2018, 35579/2017) che l’eventuale accertamento di ulteriori elementi reddituali, rivelante ai fini della determinazione delle imposte, fra cui l’Iva, deve essere eseguito tenendo conto di tutti gli elementi che concorrono alla loro formazione. La determinazione dell’Iva, inoltre, deve essere effettuata certamente attraverso la contrapposizione tra imposta a debito e a credito, senza, però, che tale computo possa ritenersi ineseguibile sulla sola base del difetto di allegazione di eventuali fatture passive incombente sull’imputato. Occorre infatti privilegiare il dato fattuale rispetto a quello meramente formale emergente anche dagli altri elementi probatori certi acquisiti agli atti. E ancora la determinazione dell’imposta evasa deve avvenire sulla base di costi effettivamente documentati non rilevando quelli privi di documentazione. Questi ultimi però possono comunque assumere rilevanza, ove dimostrati, in relazione ai reati ai fini delle imposte sui redditi

Nella specie la Corte d’appello ha erroneamente omesso di valorizzare taluni costi solo perché non contabilizzati non considerando, invece, che essi erano comunque emersi dalla documentazione acquisita dalla Guardia di Finanza presso i soggetti con cui l’imputato aveva avuto rapporti commerciali.

In ogni caso pur ipotizzando - nonostante detti costi - un superamento della soglia penale, sussisterebbe comunque un problema in ordine alla pena in concreto irrogata dalla Corte d’appello, che avrebbe dovuto tener conto della gravità della condotta desumibile anche dall’importo dell’imposta evasa, nella specie non corretta.

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