Per l’interposizione fittizia la prova spetta alle Entrate
È a carico dell’ufficio la prova del disegno elusivo, attuato anche attraverso una asserita interposizione fittizia. Ne consegue che non può essere attribuita in via automatica e presuntiva al padre il corrispettivo derivante dalla vendita di terreni donati ai figli e da questi ceduti lo stesso giorno a terzi.
A precisarlo è la Cassazione con l’ordinanza n. 6276/18, depositata ieri.
Nella vicenda oggetto della pronuncia un contribuente donava ai propri figli delle quote di terreni agricoli, i quali nella stessa data vendevano tali terreni ad una società.
Secondo l’agenzia delle Entrate gli effetti della vendita si erano in concreto realizzati direttamente in capo all’originario proprietario e non in capo ai donatari, per cui il primo avrebbe dovuto corrispondere l’imposta sulla plusvalenza realizzata. In sostanza, secondo la tesi erariale, era stato simulato un atto di donazione mediante interposizione fittizia per ottenere un indebito risparmio d’imposta.
Sia la Ctp, sia la Ctr annullavano la pretesa del fisco. L’Agenzia ricorreva così per cassazione lamentando, tra le altre ragioni, violazioni alla normativa sull’interposizione fittizia e ai principi in tema di abuso del diritto.
La Corte ha respinto il ricorso fornendo interessanti argomentazioni. Anzitutto è ribadito che l’intento elusivo si può ricavare da semplici indizi, seppur gravi precisi e concordanti, ma nella specie i giudici d’appello avevano ritenuto con motivazione congrua inconsistenti gli elementi addotti dall’Ufficio a sostegno dell’intento elusivo dell’operazione in quanto superati dalle prove positive addotte dalla contribuente.
La contestazione dell’Agenzia era fondata sull’articolo 37 del Dpr 600/73, il quale, al comma 3, prevede che possono essere imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona.
Secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità si tratta di una norma antielusiva che va applicata senza che sia preliminarmente necessario distinguere tra interposizione fittizia e reale. Il suo contenuto, infatti, non va riferito solo alle operazioni simulate, bensì ad ogni ipotesi in cui la tassazione avviene in capo ad un soggetto differente rispetto al reale percettore del reddito.
Corte di cassazione – Sentenza 6276/2018