Per la riduzione della pena pecuniaria, va chiesto l'incidente di esecuzione
Qualora il decreto penale di condanna sia stato emesso prima dell'entrata in vigore dell'articolo 459 del Cpp, contenente una più favorevole disciplina in tema di conversione della pena sostitutiva, l'interessato può attivare, quale unico strumento di tutela, l'incidente di esecuzione per chiedere al giudice dell'esecuzione, in relazione all'articolo 2, comma 4, del Cp, l'applicazione di tale disposizione per il ricalcolo della conversione. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 30691 del 12 luglio 2019.
Il comma 1- bis dell'articolo 459 del Cpp, introdotto dall'articolo 1, comma 53, della legge n. 103 del 2017, senza che sia stata prevista una norma che disciplini i procedimenti in corso, deroga a quanto disposto dall'articolo 135 del Cp in ordine al ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, disponendo che il computo vada effettuato tra una forbice che oscilla tra un minimo di euro 75 per giorno di pena detentiva fino ad un massimo di euro 225, pari al triplo dell'ammontare di euro 75. L'articolo 135 del codice penale prevede invece che la conversione si effettui calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva. Osserva esattamente la Cassazione che, poiché l'articolo 459, comma 1-bis, del Cpp, produce evidentemente effetti sostanziali, perché determina la riduzione della pena pecuniaria, derivante dalla conversione della pena detentiva, e quindi implica un trattamento sanzionatorio più favorevole, anche se collegato alla scelta del rito, di tale disposizione deve farsi applicazione ex articolo 2, comma 4, del Cp.
In proposito, peraltro, secondo il giudice di legittimità, l'interessato non può farne richiesta al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto penale di condanna perché questi, una volta emesso il decreto, si spoglia dei poteri decisori sul merito dell'azione penale; né può sottoporla in sede di cognizione mediante l'opposizione, perché ciò determinerebbe la revoca del decreto penale e il ricorrente né perderebbe gli effetti, fra cui la conversione nel senso più favorevole.
Per l'effetto, conclude la Cassazione, l'unico strumento di tutela deve ritenersi essere quello dell'incidente di esecuzione: l'interessato, cioè, una volta divenuto esecutivo il decreto penale di condanna, può chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione dell'articolo 459 comma 1-bis, del Cpp, per il ricalcolo della conversione, per essere entrata in vigore la disciplina più favorevole.
Da queste premesse, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ma ha appunto indicato al ricorrente l'incidente di esecuzione quale strumento utilizzabile per ottenere l'applicazione della disciplina più favorevole sopravvenuta, in linea con i principi già espressi dalle sezioni Unite, 24 ottobre 2013, Ercolano, e 26 giugno 2015, Della Fazia. Piuttosto, con riferimento alla nuova disciplina della conversione, e, in particolare, con riguardo ai rapporti tra la richiesta del pubblico ministero e la decisione del giudice, la giurisprudenza è nel senso che, dal combinato disposto degli articoli 459, comma 1-bis, del Cpp, che consente al giudice di «determinare» la pena sostituita, e dell'articolo 460, comma 2, del Cpp, laddove si vincola il giudice ad «applicare» la pena nella misura richiesta, discende che la «misura della pena» che vincola il giudice quando emette il decreto è solo quella detentiva indicata dal pubblico ministero richiedente, utilizzata come moltiplicatore per il ragguaglio che il giudice , appunto, "applica", mentre la pena "irrogata" cui si riferisce l'articolo 459, comma 1-bis, è quella sostituita all'esito del calcolo, con la conseguenza che il giudice resta libero di rideterminare il tasso giornaliero che, moltiplicato per i giorni di pena detentiva indicati dal pubblico ministero, individua l'ammontare della pena pecuniaria sostitutiva (cfr. sezione III, 29 marzo 2018, Proc. Rep. Trib. Pisa in proc. Addario; nonché, sezione VI, 23 maggio 2018, Proc. Rep. Trib. Pisa in proc. O).
Cassazione – Sezione III penale – Sentenza 12 luglio 2019 n. 30691