Più competenze ai giudici di pace e per le cause di lavoro, accordi garantiti
La commissione Giustizia del Senato ha parere favorevole alle bozze dei decreti legislativi di riforma sia del processo civile che di quello penale
Limiti all’aumento di competenza dei giudici di pace, più arduo ricorso alle videoudienze, maggiore controllo sugli accordi di negoziazione in materia lavoristica, mediazione familiare circoscritta. Sono questi i punti chiave, cristallizzati in una serie di condizioni, del parere votato dalla commissione Giustizia del Senato sul decreto legislativo di riforma del processo civile. Il testo è stato approvato all’unanimità, mentre a maggioranza, con il voto contrario dei 5 Stelle, è passato il parere sul nuovo processo penale. A esprimersi domani sui provvedimenti sarà la commissione Giustizia della Camera ed è probabile che già la prossima settimana i due decreti legislativi di riforma, cardini degli impegni presi dall’Italia in sede di Pnrr, potranno essere approvati definitivamente dal Consiglio dei ministri, giusto a ridosso delle elezioni politiche.
Più nel dettaglio, le condizioni approvate ieri, sulle quali si riscontra un’apertura del ministero della Giustizia, permettono una serie di aggiustamenti. L’aumento di competenza per i giudici di pace, sul quale la riforma Cartabia non è intervenuta con una puntuale determinazione, viene circoscritto nel parere, evitando la tentazione di innalzare il limite per valore sino a 30.000 euro, come previsto dal mai attuato decreto legislativo n. 116 del 2017. Meglio sarebbe invece prevedere un più equilibrato paletto a 10.000 euro, raddoppiando comunque l’attuale competenza a 5.000 euro, accompagnandolo con un limite di valore fino a 25.000 euro in caso di incidenti stradali.
Per quanto riguarda la negoziazione assistita in materia di lavoro, il parere intende rafforzare i meccanismi di garanzia a favore della parte più debole, i lavoratori. In questo senso allora deve essere letta la richiesta, concordata con il ministero, di trasmettere gli accordi raggiunti al termine del procedimento, dove è prevista l’obbligatoria assistenza di almeno un avvocato, eventualmente affiancato da un consulente del lavoro, alle commissioni di certificazione introdotte nel 2003 dal decreto legislativo n. 276.
Per garantire poi che gli adempimenti più importanti, come per esempio la discussione finale, avvengano con preferenza con la presenza delle parti, si punta a limitare il ricorso alla videoconferenza. Il Governo così viene sollecitato a modificare l’articolo 3 comma 10 lettera b) della bozza di decreto legislativo, stabilendo che il giudice deciderà sull’ammissibilità della domanda della parte di celebrare il processo con la presenza delle parti «tenuto conto dell’utilità e dell’importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza».
Sul versante infine della mediazione familiare, quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale oppure è in corso un procedimento penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non deve contenere l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare. Cancellata infine la qualifica di distaccate per le sezioni circondariali del neonato Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie, rafforzandone in questo modo l’autonomia.