Penale

Porre in vendita merci con marchio CE contraffatto è frode in commercio e non equivale a un segno falso

Nel caso concreto la dicitura era assente e l'imputazione non poteva essere per la violazione della proprietà industriale

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di Paola Rossi

Il marchio CE non è un marchio ma un'attestazione di molteplici qualità del prodotto per cui la sua contraffazione - e, in particolare la sua assenza - non integra il reato ex articolo 474 Cp bensì la frode in commercio che si realizza nella forma tentata se non vi è stata consegna del bene al consumatore.
L'assenza o la non genuinità del marchio Ce può ben determinare anche l'imputazione per ricettazione e per la messa in commercio di prodotti pericolosi in base all'articolo 112 del Dlgs 206/2005. Ma non quella per aver posto in vendita merci con segni falsi, come era accaduto nel caso risolto dai giudici di legittimità.

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 30026/2021, ha di fatto chiarito che la dicitura CE apposta sul prodotto non è elemento distintivo al pari del marchio vero e proprio. Infatti, il marchio (segno o logo) con riserva esclusiva di utilizzo da parte di chi lo registra ha una funzione eminentemente distintiva del prodotto agli occhi del consumatore che opera le proprie scelte e decide di affidarsi a un marchio piuttosto che a un altro.

Al contrario il marchio CE per i consumatori ha la funzione di un attestato di conformità alle regole europee in materia di produzione, caratteristiche intrinseche e riciclo o smaltimento del bene acquistato. Il ricorso viene accolto appunto proprio in relazione all'affermata diversa funzione di tale attestazione rispetto a quella del marchio inteso come elemento distintivo (segno o logo) e protetto dalla proprietà industriale con conseguente privativa di utilizzo da parte di terzi.

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