Professione e Mercato

Praticante al Tar in sostituzione del dominus, nessuna sanzione se ha solo "obbedito"

Lo ha stabilito il Consiglio nazionale forense affermando l'assenza di responsabilità del futuro legale il quale si era affidato alle indicazioni scritte del "maestro"

di Francesco Machina Grifeo

Nessuna sanzione per il praticante avvocato "indotto" con un atto scritto del proprio dominus a sostituirlo davanti al Tar di Salerno, tribunale per il quale non era legittimato dalla legge. Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Brienza), sentenza n. 201 del 28 ottobre 2022 accogliendo il ricorso laddove lamentava l'assenza dell'elemento soggettivo dell'illecito disciplinare, in quanto non avrebbe tenuto una condotta cosciente e volontaria.

Al contrario, il locale Consiglio di disciplina lo aveva ritenuto responsabile non della violazione dell'art. 36 CDF (Divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti), bensì di quella dell'art. 12 CDF (Dovere di diligenza) in quanto avrebbe esercitato attività di patrocinio legale non consentita (perché davanti ad organo collegiale) e perciò illegittima e idonea a invalidare gli atti processuali assunti con il suo ministero. Tuttavia, in considerazione dell'assenza di pregiudizi per la parte e del carattere "lieve e scusabile dell'infrazione" nonché di una "prognosi positiva" circa il comportamento futuro aveva deciso per un semplice "richiamo verbale".

Il Consiglio nazionale forense ricorda che l'art. 41, co. 12, della legge n. 247/2012, innovando rispetto alla previgente disciplina, prevede che il praticante possa svolgere attività per una durata di cinque anni e senza limiti territoriali ma esclusivamente in sostituzione del proprio dominus "e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo", davanti agli uffici giudiziari specificamente indicati dalla legge, tra cui non è previsto il Tar ma esclusivamente il Tribunale ordinario e il Giudice di pace (con diversi limiti a seconda che si tratti di cause civili o penali).

Nell'accogliere il ricorso, il Cnf afferma tuttavia che nel caso concreto non sussisteva una "specifica e chiara consapevole volontà" del ricorrente il quale, tra l'altro, "non ebbe a sottoscrive atti, ma semplicemente a presenziare in sostituzione del suo dominus all'udienza di merito innanzi al Tar" senza dunque svolgere "alcuna difesa propria della parte".

Non solo, il praticante agì "in forza di delega scritta da parte del suo dominus, nei confronti del quale non poteva non nutrire profonda ed illimitata fiducia e stima non solo personale ma soprattutto professionale per essere il suo "maestro", il quale proprio con il conferimento della procura scritta lo invitava a sostituirlo".

Si tratta, prosegue la decisione, di una circostanza che costituisce "un evidente elemento di affidamento e rassicurazione, né può tacersi che proprio il sentimento di grande rispetto che il ricorrente nutriva nei confronti del delegante lo ha indotto ad eseguire quanto richiesto con evidenza di metus reverentialis". Dunque, in adesione al principio del favor rei, per il Collegio deve ritenersi carente l'elemento psicologico della condotta, essendo stato il futuro avvocato "tratto in errore dal proprio dominus".

In definitiva, non è responsabile deontologicamente e non può pertanto essere sanzionato disciplinarmente, il praticante avvocato che, indotto in errore dalle indicazioni del proprio dominus, lo sostituisca all'udienza di un processo che esorbiti i limiti di competenza dettati dalla legge in tema di patrocinio sostitutivo, ove si accerti l'assenza dell'elemento psicologico.

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