Professione e Mercato

Praticanti avvocati, si all'iscrizione all'albo anche se pende un procedimento penale

Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 157 del 30 settembre 2022

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di Francesco Machina Grifeo

La pendenza di un procedimento penale non è di ostacolo all'iscrizione dell'albo dei praticanti. Tanto più se i fatti sono risalenti nel tempo e il procedimento stenta ad arrivare ad una conclusione. Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Pardi), sentenza n. 157 del 30 settembre scorso, ricordando che a rigore neppure una condanna penale comporta l'automatica inibizione dell'iscrizione all'Albo. Il Collegio ha così accolto il ricorso dell'aspirante legale contro la decisione con la quale il Coa di Roma, nel febbraio 2021 ne aveva rigettato l'istanza di iscrizione.

La vicenda – A narrare la vicenda che gli è costata una imputazione per dichiarazione infedele, falso in atto pubblico e truffa, è lo stesso aspirante avvocato. Ben 11 anni fa, quando era ancora laureando in Giurisprudenza, frequentava lo studio di un avvocato, amico di famiglia, specializzato in infortunistica e sinistri stradali che gli propose di "partecipare ai suoi affari, anticipando capitali e prospettando futuri guadagni". Ad un certo punto però le vittime degli incidenti stradali, dopo aver appreso della discrepanza tra le somme loro versate per effetto degli accordi sottoscritti e le somme erogate dalle compagnie di assicurazione, sentitesi danneggiate e truffate avevano avviato un procedimento penale.

La motivazione - Il Cnf nell'accogliere il ricorso, in primis, afferma che "non vi sono elementi tali da valutare, con disvalore, la condotta complessiva del richiedente negli anni successivi all'episodio di cui al procedimento penale (tuttora) pendente". Mentre è principio generale che l'ordinamento professionale forense "non prevede una autonoma inibizione dell'iscrizione nei confronti di coloro che abbiano un procedimento penale in corso. Tanto più quando si tratti di episodi risalenti nel tempo".

Del resto, una interpretazione rispettosa dell'articolo 27 della Costituzione e dell'articolo 17 del Rdl n. 578/1933 "non può che consentire al soggetto richiedente la possibilità di dimostrare, nel corso della pratica forense, che egli è in possesso delle qualità necessarie per esercitare con decoro la professione". "Conseguentemente, la valutazione del requisito della condotta irreprensibile, necessario ai fini della iscrizione all'albo avvocati e al registro dei praticanti, doveva essere compiuta dal C.O.A. in modo autonomo ed indipendente anche rispetto all'esito dell'eventuale procedimento penale che possa aver coinvolto l'interessato".

La risalenza dei fatti ad oltre 11 anni fa, conclude il Collegio, la rinuncia alla prescrizione nel corso del giudizio, il principio costituzionale di "presunzione di non colpevolezza" e la assenza di elementi che possono indicare una condotta che impedisca attualmente l'iscrizione all'Albo dei praticanti, in assenza di altri elementi che portano a non escludere che il ricorrente possa con onore, decoro e serietà esercitare la pratica forense, induce a ritenere meritevole di accoglimento il ricorso.

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