Preliminare irrevocabile, possibile il recesso parziale col consenso di alcuni venditori
La Cassazione, ordinanza n. 2967 depositata oggi, ha dettato due principi di diritto chiarendo che la mancata firma di una parte osta alla risoluzione del preliminare ma non impedisce il recesso del promissario acquirente, sia pure con effetti limitati ai firmatari
La Cassazione, ordinanza n. 2967 depositata oggi, chiarisce cosa accade nel caso in cui, nonostante l’irrevocabilità del contratto preliminare stabilita dalle parti, due venditori su tre, venendo incontro alle mutate esigenze dell’acquirente, cambino idea accordandogli la possibilità di recedere. Ebbene, spiega la Suprema corte, affermando due principi di diritto, per quanto il vincolo rimanga nei confronti del terzo venditore non può certamente escludersi la possibilità per le restanti parti di mutare opinione.
Nel gennaio 2007 tre persone si obbligarono a cedere ad un terzo, verso un corrispettivo di 60 mila euro, il 25% delle quote di una s.r.l.. Con il medesimo preliminare, le parti convennero che, all’esito della formalizzazione della cessione, sarebbero state ancora versati, complessivamente, 80mila euro. Il compromesso conteneva una clausola con la quale si prevedeva che, sino alla stipula del definitivo (dicembre 2007) “non era ammessa alcuna possibilità di recedere dal preliminare” per il promissario acquirente. Tuttavia, a settembre, con scrittura privata, firmata da due dei tre soci, il promissario acquirente recederà, chiedendo la restituzione di quanto versato. Alla morte del terzo socio, non firmatario, il promittente compratore chiese agli eredi il pagamento della somma residua. Il Tribunale di Napoli accolse la domanda. Proposta opposizione il giudice dichiarò il procedimento estinto (e l’esecutività del decreto), in quanto nessuna delle due parti aveva notificato istanza di fissazione dell’udienza. A questo punto, il ricorrente convenne in giudizio i propri legali al fine di sentirne accertare la responsabilità professionale.
Nell’ambito di quest’ultimo giudizio, prima il Tribunale e poi la Corte di appello, hanno bocciato il motivo di opposizione in ordine alla pretesa inefficacia della seconda scrittura privata del settembre 2007, non sottoscritta dal terzo socio. Infatti, secondo il giudice territoriale, tra il preliminare di vendita e la scrittura privata successiva, esisteva “un evidente collegamento funzionale, nel senso che il secondo regolava gli effetti risolutori del primo, onde l’impredicabilità di qualsivoglia ipotesi di inefficacia dell’atto, benché carente della sottoscrizione del terzo socio”. Se pure dunque il preliminare prevedeva l’inammissibilità del recesso, “rientrava pur sempre nella sfera della libera determinazione della volontà negoziale dei promittenti venditori riconoscerne successivamente la validità del relativo esercizio”.
Proposto ricorso in Cassazione, la Suprema corte, con il primo principio, ha affermato: “Nell’ipotesi in cui le parti di un contratto preliminare escludano convenzionalmente il diritto di recesso del promissario acquirente, e questi, con successiva scrittura privata sottoscritta da due soltanto dei tre promittenti venditori, dichiari di recedere dal contratto prima della scadenza del termine previsto per la stipula del definitivo, riconoscendo, di non avere altro a pretendere nei confronti della società e degli altri soci salva la restituzione delle somme da lui anticipatamente versate a titolo di prezzo per l’acquisto delle quote sociali, si è in presenza, ad un tempo, di una dichiarazione espressa e di una manifestazione tacita di volontà: la prima, volta a recedere dal preliminare, la seconda (prioritaria sul piano logico), funzionale alla revoca del divieto di recesso previsto nel preliminare stesso”.
Senza la revoca di quel divieto, infatti, non sarebbe stato possibile alcun accordo circa il successivo recesso del promissario acquirente, che venne, di converso, validamente concluso tra i firmatari dell’accordo, sia pur in parte qua, con conseguente produzione di effetti negoziali e finali nei confronti dei tre stipulanti (due venditori e l’acquirente).
La Suprema corte ha infine aggiunto, con il secondo principio: “La mancata partecipazione all’accordo della parte non firmataria, se, da un canto, risulta ostativa al perfezionarsi dell’effetto risolutivo del contratto preliminare, non si pone, di converso, come impeditiva del recesso (e della sottostante revoca tacita) del promissario acquirente, sia pur con effetto limitato alle sole parti firmatarie dell’accordo, conseguentemente tenute ad adempiere alle obbligazioni assunte in quella sede, salva la patente violazione del principio di correttezza sub specie della effettività della tutela del contraente in buona fede, rispetto alla posizione del quale non è consentito alle controparti un’inammissibile venire contra factum proprium.