Presunzione di innocenza, la rettifica debutta a ostacoli
Domani si parte ma sarà difficile far rispettare l’obbligo a chi viola le norme. L’accusato può chiedere tutela civile con tempi e costi che si sommano al penale
Debutta domani la nuova disciplina che rafforza la presunzione di innocenza. Entra infatti in vigore il 14 dicembre il decreto legislativo 188/2021, che recepisce la direttiva Ue 2016/343 e incide sulle comunicazioni potenzialmente lesive della presunzione di innocenza. Tuttavia, la concreta efficacia dei rimedi introdotti - in testa la possibilità di ottenere una rettifica da parte dell’autorità che ha commesso la violazione - potrebbe essere vanificata da diversi fattori.
Cosa dicono le norme
Le disposizioni individuano due tipologie di comunicazioni potenzialmente lesive della presunzione di innocenza.
Le prime sono quelle rese da «tutte le autorità pubbliche» fuori da contesti processuali e atti giudiziari: il decreto legislativo prevede che non potranno indicare come colpevole l’indagato o l’imputato fino a quando la sua responsabilità non sia stata accertata in via irrevocabile.Nell’ambito delle comunicazioni degli inquirenti, viene previsto che la diffusione di notizie sui procedimenti penali sia consentita al Procuratore della Repubblica, o alla polizia giudiziaria da lui autorizzata, solo in comunicati stampa o - per i fatti di particolare rilevanza pubblica - in conferenze stampa. Le informazioni diffuse potranno essere solo quelle «strettamente necessarie» alla prosecuzione delle indagini o a garantire «specifiche ragioni» di interesse pubblico; viene comunque stabilito il divieto di «assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza».
Se queste norme vengono violate, la persona interessata potrà chiedere all’autorità pubblica che ha rilasciato la dichiarazione di procedere alla rettifica; la rettifica dovrà essere pubblicata entro 48 ore, con le medesime modalità della dichiarazione lesiva della presunzione di innocenza, o con altre idonee a garantire il medesimo rilievo e grado di diffusione. Se la rettifica non viene pubblicata, o se la pubblicazione è inadeguata, l’interessato potrà chiedere al giudice civile, in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, di ordinare la pubblicazione nei modi prescritti dalla legge.
La rettifica non esclude comunque né il diritto della vittima al risarcimento dei danni, né le responsabilità penali e disciplinari per l’autore della comunicazione lesiva della presunzione di innocenza.
Il decreto legislativo introduce poi il nuovo articolo 115-bis nel Codice di procedura penale («Garanzia della presunzione di innocenza»), che contiene una stretta espressiva specifica per l’attività giudiziaria.
Si stabilisce che i provvedimenti diversi dalla decisione nel merito della responsabilità penale non potranno indicare come colpevoli l’indagato o l’imputato prima del giudicato irrevocabile. Il divieto non riguarda gli atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza.
Allo stesso tempo viene stabilito che, negli atti che presuppongono la valutazione di prove o indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria - compreso il Pm - dovrà limitare i riferimenti alla colpevolezza alle indicazioni necessarie a soddisfare le condizioni previste dalla legge.
In caso di violazione, l’accusato potrà chiedere entro dieci giorni la correzione al giudice; prima del processo, la competenza è del giudice per le indagini preliminari. Il decreto di correzione dovrà essere emesso entro 48 ore, e poi notificato all’interessato e alle altre parti, che avranno dieci giorni per proporre opposizione al presidente del Tribunale o della Corte d’appello, che deciderà senza formalità. Sull’opposizione contro un loro provvedimento la decisione dovrà essere presa, rispettivamente, dal presidente della Corte d’appello e della Cassazione.
I rischi di mancata tutela
Ma i rimedi previsti dal decreto legislativo rischiano di non bastare. Si pensi, ad esempio, alle comunicazioni pubbliche - stampa, televisione o social media - rese da «tutte le autorità»: non solo magistratura e forze dell’ordine, ma anche ministri, parlamentari, amministratori locali o loro addetti stampa. Il decreto prevede che, nell’immediatezza, sia la stessa autorità che ha rilasciato la dichiarazione lesiva della presunzione di innocenza a valutare la fondatezza della rettifica. Poiché la pubblicazione non preclude il diritto al risarcimento dei danni, le responsabilità penali - in particolare per diffamazione - e disciplinari, non si può escludere che l’autorità che ha reso la dichiarazione contestata decida, in ottica difensiva, di non pubblicare la rettifica negando la violazione della presunzione di innocenza.
A supporto di tali ipotesi, va sottolineato che l’oggetto del divieto - fuori dai casi più eclatanti - lascia spazio a indubbi margini interpretativi; ciò vale, soprattutto, in relazione ai fatti di particolare interesse sociale e agli esponenti politico-istituzionali che citino atti giudiziari all’interno di un contesto critico, tutelato dall’articolo 21 della Costituzione.
Inoltre, ha spiegato il Consiglio superiore della magistratura nel parere reso al Governo prima dell’approvazione del decreto, alcuni soggetti istituzionali - come i parlamentari e gli stessi componenti del Csm - godono dell’insindacabilità delle opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni.
Anche il ricorso giudiziario, in caso di mancata pubblicazione della rettifica, può rivelarsi un percorso lastricato di ostacoli. Tempi e costi della giustizia civile non sono infatti un grande stimolo per un accusato che già si trova a fronteggiare il processo penale. Senza considerare che, soprattutto per chi è in stato di custodia cautelare, attivare un procedimento incidentale può non essere la priorità, mentre la nuova disciplina impone tempi stretti a pena di decadenza.
Inoltre, il decreto non esclude che, in caso di dichiarazioni pubbliche lesive della presunzione di innocenza rese da un magistrato, non seguite da pubblicazione della rettifica, il giudice competente a decidere appartenga alla stessa sede giudiziaria. Per garantire l’effettiva terzietà dell’organo giurisdizionale deputato al rispetto dalla presunzione di innocenza, sarebbe stato opportuno stabilirlo.
LE MISURE
Le dichiarazioni pubbliche
A tutte le autorità è vietato indicare pubblicamente come colpevole l’indagato o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Il Procuratore della Repubblica e la polizia giudiziaria (da lui autorizzata) possono dare informazioni sui processi in corso solo tramite comunicati ufficiali o conferenze stampa e solo se è strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre ragioni di interesse pubblico
La rettifica
In caso di violazione, la persona interessata ha diritto di chiedere la rettifica della dichiarazione. Se ritiene fondata la richiesta, l’autorità provvede alla rettifica entro 48 ore. Se l’istanza non è accolta o se la rettifica è inadeguata, si può ricorrere al giudice civile in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile
I provvedimenti
Nei provvedimenti diversi dalla decisione nel merito della responsabilità penale (ed esclusi gli atti del Pm volti a dimostrare la colpevolezza) l’indagato o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli prima del giudicato irrevocabile. In caso di violazione, l’interessato può chiedere entro dieci giorni la correzione al giudice