Procedura camerale ex articolo 127 del Cpp: i termini sono disallineati col rito "Covid" in Cassazione
Con la sentenza n. 37802/2020, la Cassazione rileva il difetto di raccordo normativo tra il termine generale imposto per la comunicazione dell'avviso di udienza camerale e quello per esercitare il diritto alla discussione orale nel corrente regime emergenziale
In tema di procedimenti innanzi alla Corte di cassazione soggetti al rito camerale generale, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, l'avvenuta notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza entro il termine di dieci giorni prima della stessa previsto all'articolo 127 del Cpp, ma oltre quello di venticinque giorni prima previsto per la presentazione della richiesta di discussione orale dall'articolo 23, comma 8, del Dl Ristori non integra una nullità di ordine generale.
Così la sentenza n. 37802/2020, depositata il 30 dicembre scorso, con cui la I sezione penale della Cassazione rileva il difetto di raccordo normativo tra il termine generale imposto per la comunicazione o notificazione dell'avviso di udienza camerale fissato ai sensi dell'articolo 127 del Cpp - pari a dieci giorni prima - e quello previsto per esercitare il diritto alla discussione orale nel corrente regime emergenziale.
Il dictum: termini disallineati - Il legislatore dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, con l'articolo 23, comma 8, del Dl n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176/2020, ha assunto quale unico modello di trasformazione del contraddittorio orale in contraddittorio cartolare quello del procedimento camerale non partecipato di cui all'articolo 611 del Codice di procedura penale, per il quale il termine ultimo di comunicazione (o notificazione) degli avvisi è il trentesimo giorno antecedente l'udienza.
Rispetto a quel termine, ha costruito (fino a cessata emergenza sanitaria: allo stato, fino al 31 gennaio 2021) la disciplina del diritto alla discussione orale, il cui mancato esercizio consolida la previsione della trattazione scritta: come espressamente disposto dall'articolo 611 del Cpp, questo modello opera in deroga a quello generale del rito camerale di cui all'articolo 127 del Cpp, sicché è, giocoforza, inadeguato ad atteggiarsi, senza adattamenti, a surrogato di contraddittorio cartolare.
Pertanto ben può verificarsi - come è accaduto nel caso al vaglio della Corte regolatrice - che la parte riceva ritualmente l'avviso dell'udienza (nel rispetto del modulo procedimentale di cui all'articolo 127 del Cpp, espressamente richiamato dall'articolo 32, comma 1, del Cpp per la risoluzione di qualsivoglia conflitto) quando ormai è già abbondantemente spirato il termine per la parte privata o il procuratore generale per richiedere la discussione orale.
La vicenda di specie - La Suprema corte nella specie ha deciso in camera di consiglio senza l'intervento delle parti, a norma dell'articolo 23, comma 8, del Dl Ristori uno, recante disposizioni sul giudizio penale di legittimità in vigenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Nel procedimento in esame, nessuno tra i soggetti coinvolti nel contraddittorio camerale e che pure aveva ricevuto l'avviso oltre il venticinquesimo giorno antecedente l'udienza, aveva manifestato la volontà di discutere oralmente innanzi al Collegio. Aspetto decisivo, questo, anche in ragione della rilevata disarmonia dei termini per la richiesta di trattazione orale e per l'avviso di udienza camerale, poiché il sacrificio del diritto delle parti alla discussione orale avrebbe potuto sostanziarsi in una nullità di ordine generale.
Ma la Cassazione esclude qualsivoglia nullità, bene spiegando che «quel che rileva a tal fine è che sia assicurata la possibilità di partecipazione del pubblico ministero e di intervento dell'imputato, che si realizzano pur quando le forme di partecipazione e di intervento siano quelle del cosiddetto contraddittorio cartolare». Ne consegue che, quali che possano essere le soluzioni interpretative dirette a rimediare il difetto interno alla disciplina emergenziale, la questione merit[erà] di essere affrontata - scandiscono oggi gli Ermellini - soltanto in presenza di una richiesta di parte, nella specie insussistente.
Rito camerale applicabile al conflitto negativo di competenza - La Corte di legittimità era chiamata a risolvere un conflitto (negativo) conseguente al rifiuto di due giudici per le indagini preliminari di prendere cognizione delle richieste cautelari proposte per gli stessi fatti nei confronti dei medesimi indagati, dando origine così alla fattispecie prevista dall'articolo 28 del Cpp.
Il rito da osservare per la trattazione del conflitto è quello camerale di cui all'articolo 127 del Cpp, come previsto espressamente dall'articolo 32, comma 1, del Cpp: norma che - spiega la sentenza in commento - non lascia margini a dubbi né consente di individuare una particolare tipologia di conflitti (quelli che consistono nel rifiuto di due o più giudici di prendere cognizione di una misura cautelare) da affidare alla trattazione de plano in nome dell'esigenza di evitare che le parti private, e quindi gli indagati, possano venire a conoscenza della proposizione della richiesta di applicazione di una misura cautelare con il conseguente pericolo che l'anticipata conoscenza comprometta l'eventuale futura esecuzione dell'ordinanza.
Di qui il principio di diritto enunciato nella sentenza in commento: la decisione sui conflitti negativi di competenza tra giudici che rifiutino di provvedere su richieste di misure cautelari (nella specie custodiali) deve essere assunta dalla Corte di cassazione all'esito di un procedimento camerale nelle forme dell'articolo 127 del Cpp, senza che, in nome di esigenze di segretezza funzionali ad assicurare la corretta esecuzione dell'eventuale ordinanza applicativa di misura cautelare, si possano introdurre eccezioni alla previsione del contraddittorio camerale tra le parti e i soggetti interessati.