Giustizia

Processi più lunghi - Riforme in discussione Omicidi in calo, ma troppe le donne uccise

di Giovanni Negri

Non sarà facile raggiungere gli obiettivi di riduzione della durata dei processi, soprattutto di quelli penali. È in chiaroscuro il quadro dello stato della giustizia delineato dalla relazione del Primo presidente della Cassazione Pietro Curzio ieri mattina davanti al Capo dello Stato Sergio Mattarella, all’ultimo impegno pubblico prima dell’avvio delle votazioni in Parlamento.

Quanto alla durata infatti, snodo cruciale visti gli impegni presi con l’Europa per una considerevole riduzione nei prossimi 5 anni, i dati segnalano un generale aumento dei tempi, sia pure con un anno, il 2020 del tutto anomalo, per l’emergenza sanitaria e i suoi riflessi sull’amministrazione della giustizia. Nel penale, per esempio, «i dati che riflettono la durata media del giudizio di appello – attualmente di 956 giorni, che dovranno ridursi a 601 giorni entro il 30 giugno 2026 per soddisfare gli impegni assunti con la Ue – non permettono rosee previsioni, aggiungendosi ai procedimenti colpiti dalla prescrizione (il 25% di tutti i processi pendenti) quelli che, pur soggetti a un più lungo termine di prescrizione, potranno ora incorrere nella declaratoria di improcedibilità».

E dalla lettura dei dati proposti dalla Relazione estesa e dalle considerazioni lette da Curzio emerge che la percentuale delle assoluzioni in primo grado è ormai pari, ed è forse la prima volta, a quella delle condanne. Con una fortissima criticità per i processi a citazione diretta del Pm, dove il richiamo è a «un rinnovato impegno dell’ufficio del pubblico ministero nello svolgimento di indagini complete e di un serio ed effettivo filtro giurisdizionale per evitare un inutile dispendio di energie e di costi, oltre che, in primis, la pena derivante dal semplice fatto di essere sottoposti a processo».

Sui reati è fortissimo l’allarme per quelli avvenuti sul lavoro, mentre gli omicidi commessi nel 2021 sono stati in tutto 295, uno dei dati migliori tra i Paesi europei (nel 1991 in Italia gli omicidi furono quasi 2.000). Tuttavia, a testimonianza di «una tensione irrisolta nei rapporti di genere, di un’uguaglianza non metabolizzata», tra le vittime dei 295 omicidi, 118 sono donne (102 assassinate in ambito familiare e, in particolare, 70 per mano del partner).

La ministra Marta Cartabia, nel suo intervento, oltre a ricordare le misure già approvate, ha voluto sottolineare la particolare sintonia con il Presidente della Repubblica, sulla riforma, per ora ancora assente, di ordinamento giudiziario e Csm, ormai veramente «ineludibile».

Riforma sulla cui necessità concorda anche il Procuratore generale Giovanni Salvi che esorta il Parlamento a restituire al Consiglio superiore il ruolo previsto dalla Costituzione e che, per molto tempo, ha fatto del governo autonomo un modello di riferimento in Europa. Modello però investito, Salvi non lo nasconde e il vicepresidente del Csm David Ermini concorda, dal discredito prodotto dalla degenerazione del sistema delle correnti. «Il Consiglio ha cercato di reagire - avverte Salvi, ricordando le recenti polemiche relativa all’azzeramento dei vertici della Cassazione da parte del Consiglio di Stato - anche con una sin troppo dettagliata limitazione regolamentare della propria discrezionalità, ben oltre ciò che prevede la legge, ma ciò, con eterogenesi dei fini, ha aperto la strada a incertezze e a un contenzioso infinito, a sua volta causa di delegittimazione».

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