Processo penale e Covid 19, i chiarimenti su deposito degli atti e richiesta di riesame
La Cassazione, sentenze nn. 31770 e 31781, affronta i casi della mancata allegazione delle conclusioni della difesa a mezzo Pec e della richiesta di riesame delle misure cautelari sempre a mezzo Pec
La Cassazione rende alcuni chiarimenti sulla applicazione della disciplina emergenziale emanata nel corso della pandemia da Covid-19. Con la sentenza n. 31770 depositata oggi, i Giudici di legitittimità chiariscono che la mancata allegazione agli atti processuali delle conclusioni inviate dalla difesa a mezzo Pec integra un'ipotesi di nullità generale a regime intermedio. Mentre con la sentenza n. 31781 sempre di oggi, con riguardo alle misure cautelari, viene specificato che è inammissibile la richiesta di riesame trasmessa ad una casella Pec diversa da quella indicata dal provvedimento (del 9 novembre 2020) del Direttore generale dei sistemi informativi del Ministero.
La prima decisione prende la mosse dalla conferma da parte della Corte d'Appello di Messina, sentenza del 5 novembre 2021, della condanna del ricorrente per abusivismo edilizio. Secondo l'imputato però la Corte territoriale ha ignorato le conclusioni scritte "tempestivamente depositate", così violando il suo diritto alla partecipazione al procedimento penale. Le conclusioni, infatti, sarebbero state inviate nei termini previsti tramite Pec, come opportunamente prescritto dal protocollo d'intesa stipulato tra la Corte d'Appello di Messina e il locale Ordine degli Avvocati e pertanto dovevano essere oggetto di valutazione da parte dei giudici del merito.
Motivo accolto dalla Terza Sezione penale che ricorda come l'intervento dell'imputato, "cui è riconducibile la facoltà di presentare conclusioni scritte ex art. 23, Dl 28 ottobre 2020 n. 137, deve essere inteso come partecipazione attiva e cosciente al processo". Mentre, nel caso di specie le conclusioni, spedite all'indirizzo di posta certificata della Corte di appello, "non risultano esaminate dai giudici di secondo grado, i quali nulla hanno motivato in ordine alla normativa regionale che veniva evidenziata in tali conclusioni". Ragion per cui la sentenza è stata annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Messina.
Nel secondo caso invece nulla da fare per l'imputato ricorrente. Con la decisione n. 31781 infatti la Cassazione ha respinto il ricorso contro il provvedimento del Tribunale di Bologna che aveva dichiarato inammissibile il riesame dell'ordinanza del Gip di Verona in quanto l'impugnazione (proposta il 4 ottobre 2021) era stata inviata a un indirizzo non incluso tra gli indirizzi Pec individuati per la ricezione telematica nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati. Era dunque assente uno dei requisiti previsti a pena di inammissibilità dall'articolo 24 della legge n. 176 del 2020 (l'impugnazione era stata inoltrata all'indirizzo riesame.tribunale.bologna@giustiziacert.it. in luogo di quello corretto, depositoattipenali2.tribunale.bologna@giustiziacert.it).
La Terza sezione ripercorre la disciplina emergenziale ricordando che, come evidenziato anche dalla rubrica del Dl n. 137 del 2020, essa "è volta a semplificare le modalità di deposito degli atti in conseguenze del diffondersi della pandemia e della conseguente necessità di contenere l'emergenza sanitaria in corso, ricorrendo a un sistema di dematerializzazione del deposito degli atti del processo penale, anche se d'impugnazione". Il Legislatore, all'articolo 24, comma 6-sexies, ha poi previsto alcune cause espresse di inammissibilità dell'impugnazione proposta al di fuori degli schemi legali delineati, che si aggiungono a quelle stabilite in via generale dall'articolo 591 Cpp.
L'atto di impugnazione presentato in via telematica è dunque inammissibile:
a)quando non è sottoscritto digitalmente dal difensore;
b) quando le copie informatiche per immagine, non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale;
c) quando l'atto d'impugnazione è trasmesso da un indirizzo di posta certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati;
d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore;
e) quando – e d è il caso affrontato oggi dalla Corte - l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'articolo 309 c.p.p., comma 7, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati.
Tale specifica causa di inammissibilità dunque si riferisce ai casi nei quali il deposito dell'atto di impugnazione avvenga tramite una casella di posta elettronica non indicata nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati.