Famiglia

Procreazione assistita, alla Consulta la revoca del consenso prima dell'impianto

La Corte deciderà partendo dal caso di una donna che dopo il divorzio e trascorsi tre anni dal congelamento dell'ovulo ne aveva richiesto l'impianto

Nell'udienza pubblica di domani mercoledì 24 maggio, la Corte costituzionale valuterà, tra l'altro, le legittimità dell'articolo 6, comma 3, della legge numero 40 del 2004, in base al quale il consenso prestato alla procreazione medicalmente assistita può essere revocato solo prima che l'ovulo sia fecondato.

Il Tribunale ordinario di Roma infatti dubita della coerenza costituzionale della norma nella parte in cui non prevede che l'uomo possa, invece, revocare il proprio consenso anche dopo la fecondazione e prima dell'impianto da parte della donna, quando, a seguito della crioconservazione dell'embrione, per il decorrere del tempo sia venuto meno l'originario progetto di coppia.

La questione è stata sollevata in un processo avviato da una donna che a distanza di tre anni dal congelamento dell'ovulo aveva chiesto ai giudici di ordinare che le venisse impiantato, nonostante intanto avesse divorziato dal marito. "La donna ha sempre il diritto ad ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati" e la convivenza e il rapporto di coniugio "non sono richiesti dalla legge al momento dell'impianto", la tesi della sua difesa.

Alla richiesta della donna si sono opposti l'ex marito e la clinica dove era stato avviato il trattamento, mettendo anche in discussione la costituzionalità del divieto di revoca del consenso dopo la formazione dell'embrione. Il tribunale di Roma sposa la loro tesi.

Quel divieto "non tutela il diritto di scelta all'assunzione del ruolo genitoriale" e "appare in contrasto con gli articoli 2, 3, 13, comma 1, e 117, comma 1 della Costituzione con riferimento all'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo quanto meno nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso", scrive nell'ordinanza con cui ha investito la Consulta.

L'articolo 6 "incide sul diritto all'autodeterminazione in ordine alla scelta di diventare genitore", che fa parte dei diritti inviolabili tutelati dall'articolo 2 della Costituzione e dall'articolo 8 della Cedu. E viola gli articoli 3 e 13 della Costituzione perché è "irragionevole, in quanto la donna potrebbe chiedere il trasferimento dell'embrione anche a distanza di anni dalla fecondazione dell'ovulo, nonostante il successivo dissenso dell'uomo, che sarebbe così costretto a diventare genitore contro la sua volontà".

Viene leso anche il principio di eguaglianza, in quanto l'irrevocabilità del consenso " determina il sacrificio della libertà individuale di una sola delle parti, l'uomo", mentre la donna gode di "assoluta libertà", visto "che pur avendo dato il consenso irrevocabile al trattamento di procreazione assistita, può rifiutare di essere sottoposta al trattamento terapeutico, che non può esserle imposto".

Ora la parola passa alla Consulta, che in passato aveva giudicato inammissibile un'analoga questione perchè era stata posta in via ipotetica non in relazione, come stavolta, a un caso concreto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©