Procura senza firma (digitale o autografa), l’autentica dell’avvocato non basta
Lo ha chiarito la Cassazione, ordinanza n. 29931 depositata oggi, affermando un principio di diritto
La Procura speciale alle liti deve essere firmata digitalmente o con firma autografa dalla parte. La sola firma “per autentica” dell’avvocato o una segnatura di protocollo non equivalgono certamente alla firma. Non è dunque idonea “ab origine” a conferire poteri al difensore la procura che sia sottoscritta digitalmente dal solo legale per autentica, ma che sia priva della sottoscrizione digitale o autografa della parte conferente. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la ordinanza n. 29931 depositata oggi, affermando un principio di diritto e dichiarando inammissibile il ricorso.
Un motociclista aveva ottenuto in appello la condanna del Comune al risarcimento dei danni (22.837,04 euro) per un sinistro causato da imperfezioni del manto stradale. Il Comune ha proposto cinque motivi di ricorso (ammissibilità dell’appello, ultrapetizione, legittimazione passiva, valutazione delle prove, nesso causale). La parte lesa, nel controricorso, ha rilevato l’inesistenza della procura ad litem allegata in calce al ricorso notificato dall’ente ricorrente, per mancata sottoscrizione del legale rappresentante del municipio.
La Terza sezione civile ricorda che l’art. 369 c.p.c., a pena di improcedibilità, prevede espressamente che: “Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità: […] 3) la procura speciale, se questa è conferita con atto separato”. Mentre nel caso specifico, “non risulta sottoscritta digitalmente dal legale rappresentante del comune la procura apposta in calce al ricorso”; essa infatti risulta sottoscritta digitalmente dal solo difensore della parte ricorrente. Mentre soltanto la procura depositata con la memoria successiva (ex art. 378 c.p.c.) è stata digitalmente sottoscritta sia dal difensore che dalla parte ricorrente.
Né conta il fatto che sul margine laterale della procura speciale, in calce al ricorso, compare la dicitura “Comune di Conca della Campania Prot. n. 0005245 del 09- 11-2022 arrivo”. Si tratta infatti di una dicitura che non può essere intesa come firma elettronica, “rappresentando una mera dicitura di protocollo e, cioè, un mero metadato amministrativo, apposto dal sistema di protocollo informatico dell’ente pubblico”.
Pertanto, non è sufficiente la firma “per autentica” del difensore, “non trattandosi di sottoscrizione autografa apposta a un documento digitale, di cui il difensore possa attestare l’autenticità mediante la sua sottoscrizione”. Se fosse stata presente una firma digitale del legale rappresentante, invece, prosegue la decisione, questa sarebbe stata apposta al file contenente la procura (già protocollato), in formato “.pdf.p7m”, o “.pdf” firmato PAdES, da cui la sua firma digitale sarebbe risultata verificabile.
Del resto, il difetto di sottoscrizione, in quanto attiene a un requisito essenziale di procedibilità dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, non può in alcun modo ritenersi sanato mediante un successivo deposito.
In definitiva, per la Suprema corte: “La procura speciale ad litem depositata a pena di improcedibilità ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 3, c.p.c., deve essere sottoscritta digitalmente o con segno autografo dalla parte conferente”. “Ne consegue che, in mancanza di tanto, la sola firma digitale ‘per autentica’ del difensore ovvero un metadato amministrativo apposto dal sistema di protocollo informatico di un ente pubblico non possono essere intesi come firma elettronica o digitale della parte”. Infatti, “Il difetto di sottoscrizione della parte è un requisito essenziale di procedibilità e non è suscettibile di sanatoria mediante un deposito successivo, anche se effettuato con una memoria ex art. 378 c.p.c.”.







