Prove, il giudice amministrativo soccorre la parte debole
Con la sentenza 5560/2021 il Consiglio di Stato ha chiarito che la ragione di tale modello istruttorio risiede nella necessità di riequilibrare la posizione di oggettiva disparità tra le parti del giudizio
Nel processo amministrativo il legislatore ha recepito il tradizionale indirizzo giurisprudenziale che ha delineato un modello istruttorio intermedio tra dispositivo puro e inquisitorio puro: il cosiddetto “dispositivo con metodo acquisitivo” in cui l’incombenza della prova si sbiadisce nel più scolorito onere del “principio di prova”. Il giudice esercita una sorta di potere di soccorso della parte che (senza colpa) non è in grado di fornire la prova dei fatti pur potendone tuttavia delineare uno “sfocato” profilo. Con la sentenza 5560/2021 il Consiglio di Stato ha chiarito che la ragione di tale modello istruttorio risiede nella necessità di riequilibrare la posizione di oggettiva disparità tra le parti del giudizio.
Le conseguenze in presenza di interessi legittimi..
Nel processo amministrativo impugnatorio per la tutela di interessi legittimi è evidente come la posizione processuale della parte privata nell’accedere alla documentazione risenta della condizione di “inferiorità” rispetto alla pubblica amministrazione; con la conseguente necessità del “sostegno” del giudice. È evincibile una correlazione - tipica del processo amministrativo - tra onere della prova e disponibilità della prova stessa. A ben vedere l’onere della prova sussiste nei limiti della disponibilità e non oltre. Il criterio di riparto dell’onere probatorio non è quindi individuato in ragione di uno schema precostituito ed astratto ma secondo un criterio “flessibile” ispirato al principio di vicinanza della prova. Ciò di modo che qualora il privato ricorrente non sia nella disponibilità della prova venga sollevato dal relativo onere, che verrà addossato sulla pubblica amministrazione, la quale dovrà depositare gli atti che siano nella sua disponibilità. In ogni caso – ha evidenziato il massimo giudice di Palazzo Spada – sulle parti grava l’onere di allegare i fatti da provare. Il processo amministrativo impugnatorio non è retto dal principio dispositivo pieno; l’attività istruttoria d’ufficio del giudice presuppone l’allegazione dei fatti da provare. E in maniera sufficientemente circostanziata e precisa. L’attività istruttoria che può svolgere il giudice amministrativo ha quindi carattere complementare ed integrativo, mai invece sostitutivo della parte rimasta (colpevolmente) inerte.
...e nei contenziosi legati su diritti soggettivi
Nei contenziosi vertenti su diritti soggettivi rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – dove insiste uno stretto intreccio fra rapporto paritario e rapporto autoritativo – le regole processuali in materia di poteri istruttori del giudice amministrativo restano identiche. Infatti le norme del processo amministrativo relative ai poteri istruttori d’ufficio del giudice non distinguono tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione esclusiva. Ma si badi: nelle liti sui diritti soggettivi, l’onere del principio di prova va valutato con speciale prudenza in relazione ai fatti che rientrano nella disponibilità della parte attrice sia essa pubblica o privata. Può quindi affermarsi che il giudice amministrativo per un verso deve rispettare il principio della parità delle parti, per l’altro deve considerare che scopodella sua iniziativa istruttoria è esclusivamente di “colmare” situazioni di concreta sproporzione tra le parti, venendo in “supporto” di quella parte che, pur con la massima diligenza, non è tuttavia riuscita ad avere la disponibilità delle prove. Ma se deve ammettersi la possibilità di esercizio da parte del giudice amministrativo di poteri istruttori d’ufficio in relazione a diritti soggettivi, tale esercizio deve costituire un rimedio estremo: la misura e l’ampiezza dell’onere della prova deve essere valutato caso per caso, avuto riguardo al dato sostanziale della disponibilità o meno delle prove in capo alle parti. Su questa base l’esercizio istruttorio “suppletivo” condotto dal giudice va tarato e calibrato in modo assai rigoroso.