Civile

Quando la casa all’ex vince sul diritto di proprietà

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di Angelo Busani

Diritto di proprietà contro diritto di abitazione della casa(ex) coniugale in caso di separazione e divorzio: un conflitto che nel tempo - all’aumentare delle famiglie in crisi - ha sempre più impegnato i tribunali. La Cassazione, in un’articolata ordinanza (n. 9990 del 10 aprile 2019, commentata in prima battuta sul Sole 24 Ore dell’11 aprile) ha dettato un nuovo principio di diritto e ha colto l’occasione per fare un utile punto sul tema - assai complicato anche perché le situazioni concrete sono variegate - ripercorrendone la storia dalla riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975) a oggi.

Il tutto ha valore anche per le unioni civili (equiparate al matrimonio) e le convivenze, come stabilito espressamente dalla legge Cirinnà, la 76/2016.

Il nuovo principio
I coniugi Tizio e Caia abitano nella casa di proprietà di Tizio. Tizio vende la casa a Sempronio ma i coniugi continuano ad abitarla. Tizio e Caia si separano. Caia è dichiarata collocataria dei figli dal giudice della separazione, il quale attribuisce a Caia diritto di abitare nella casa. Per l’ordinanza n. 9990/2019 nel conflitto tra il diritto di abitazione di Caia e il diritto del proprietario Sempronio a disporre della casa:

- prevale Caia (e, quindi, Sempronio subisce il fatto che Caia continui ad abitare nella casa con i suoi figli), se si dimostra che Sempronio ha comprato la casa con un contratto nel quale è stata inserita una «clausola di rispetto» del fatto che la famiglia dell’ex coniuge venditore avrebbe potuto continuare ad abitarvi; o se si dimostra che Sempronio ha stipulato un comodato con Tizio e/o con Caia;

- prevale Sempronio (e, quindi, Caia deve andare ad abitare altrove), nel caso in cui la predetta dimostrazione non abbia successo; in particolare, non è sufficiente a Caia addurre «la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento dell’acquisto, della pregressa situazione di fatto di utilizzo del bene immobile da parte della famiglia».

I principi acquisiti
La Cassazione, rimettendo in fila il pregresso, inizia il suo ragionamento ricordando che è principio consolidato (Sezioni unite, n. 13603/2004) quello secondo il quale il provvedimento del giudice della separazione o del divorzio, che attribuisce l’abitazione della casa familiare al coniuge collocatario della prole, non modifica (e, quindi, lascia intatto) il diritto del soggetto che è proprietario del bene: il provvedimento giudiziale costituisce un «autonomo titolo di detenzione qualificata» della casa coniugale «in dipendenza del negozio di tipo familiare» originatosi per effetto della «convivenza coniugale» o della convivenza «more uxorio»; e ciò al fine di «tutelare esclusivamente l’interesse della prole a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta».

Il ragionamento della Cassazione prosegue poi prendendo in esame il caso in cui la ex casa coniugale, assegnata in abitazione al coniuge collocatario della prole, venga alienata (dopo il provvedimento giudiziale di assegnazione) dal soggetto che ne sia il proprietario.

Dopo aver ricordato che detto diritto di abitazione è da qualificarsi come un «atipico diritto personale di godimento» (Sezioni unite, n. 11096/2002), la Cassazione rammenta la sentenza della Corte costituzionale (n. 454/1989) con la quale si è sancito che il provvedimento di assegnazione della casa è opponibile al terzo acquirente anche se non trascritto nei Registri immobiliari (come è opponibile al terzo acquirente una locazione infra novennale) e che la trascrizione vale solo ai fini di rendere il provvedimento opponibile anche oltre il novennio del diritto di abitazione del coniuge assegnatario.

Gli altri casi
Resta da capire cosa succeda se:
1) la casa sia alienata da uno o da entrambi i coniugi, che ne fossero i proprietari (ma essi continuino comunque ad abitarvi in un rapporto di comodato, esplicito o implicito), prima che intervenga il provvedimento giudiziale di assegnazione del diritto di abitazione;
2) la casa sia abitata dai coniugi in forza di un contratto di comodato (classico è il caso dell’abitazione concessa in comodato dai genitori dello sposo) e intervenga il provvedimento giudiziale di assegnazione del diritto di abitazione.

L’ordinanza n. 9990/2019 sancisce dunque che, mentre la locazione (e l’assegnazione della casa in locazione) sono opponibili al terzo acquirente (articolo 1599 del Codice civile: per almeno un novennio o anche oltre, se trascritta), il comodato e l’assegnazione della casa in comodato non sono opponibili al terzo acquirente (Sezioni unite, n. 20448/2014). E così, l’acquirente della casa concessa in comodato può pretendere che il comodatario (e l’assegnatario della casa in comodato) se ne vadano immediatamente, a meno che, comprando, l’acquirente abbia dichiarato “rispetto” per l’esistente contratto di comodato o abbia stipulato, espressamente o implicitamente, un nuovo contratto di comodato.

Proprietà e assegnazione: casi di conflitto e relativa soluzione

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