Sulla possibilità di richiedere un ordine di protezione contro gli abusi familiari
Quale mezzo giuridico civilistico hanno il coniuge, o altro convivente, se subiscono un grave pregiudizio alla loro integrità fisica, o morale da parte dell'altro coniuge o di altro convivente?
Quale mezzo giuridico civilistico hanno il coniuge, o altro convivente, se subiscono un grave pregiudizio alla loro integrità fisica, o morale da parte dell'altro coniuge o di altro convivente?
In tali circostanze la tutela giuridica civilistica prevede i cosiddetti "ordini di protezione contro gli abusi familiari" introdotti dalla L. n. 154/2001, legge che ha determinato l'inserimento nel Codice civile della disciplina degli ordini di protezione composta dagli artt. 342 bis e 342 ter c.c..
Con la stessa legge si è, tra l'altro, provveduto ad inserire nel titolo II del libro IV del Codice di procedura civile, il capo V-bis, intitolato «Degli ordini di protezione contro gli abusi familiari», regolante, appunto, le forme procedurali per la richiesta e l'applicazione degli ordini di protezione.
La disciplina degli ordini di protezione prevede all'art. 342 bis, del Codice civile che "quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all'articolo 342-ter".
Lo scopo degli ordini di protezione
Lo scopo della disciplina degli ordini di protezione è quello di anticipare il più possibile la tutela della persona debole, consentendole di allontanare il soggetto che ha tenuto una condotta pregiudizievole , anche prima che questa assuma un rilievo penale.
A differenza delle sanzioni penali, gli ordini di protezione hanno il fine precipuo di difendere la vittima, attuando delle condizioni materiali orientate a impedire, nei limiti del possibile, che tali condotte vengano continuate, o ripetute. La finalità dell'ordine di protezione è quindi la prevenzione del pregiudizio, essendo diretto a evitare l'aggravamento del danno se già in atto, o a evitarne l'insorgenza se ancora non si sia prodotto»
(cfr. Trib. S. Angelo Lombardi 2 novembre 2011).
La valutazione della condotta pregiudizievole
La condotta pregiudizievole, tuttavia, deve essere valutata a livello "qualitativo" e quantitativo: nel primo caso, infatti, deve essere compiuta una prognosi circa le concrete modalità idonee a rappresentare, per il futuro, un "grave pericolo"; quanto al secondo caso, deve essere analizzata l'entità della condotta nel tempo, la sua efficacia offensiva e la sua dimensione psicologica.
Una parte della giurisprudenza di merito ritiene, tuttavia, che gli ordini di protezione possano essere pronunciati soltanto in presenza di reiterate condotte pregiudizievoli e che un isolato atto di violenza non assumerebbe rilievo; un'altra parte della giurisprudenza di merito, invece, ritiene che gli ordini di protezione possano essere adottati anche nel caso di singolo e isolato episodio di violenza; proprio in accoglimento di tale soluzione è stato, infatti, ordinato dal Tribunale di Palermo l'allontanamento dalla casa coniugale del marito che, con il sostegno dei propri familiari, aveva aggredito ed insultato la moglie, in presenza di figli minorenni (T. Palermo, 4.6.2001).
C'è d'altra parte da segnalare che la giurisprudenza di merito ha, anche, chiarito che non integrano la condotta pregiudizievole prevista dall'art. 342 bis c.c., singoli episodi compiuti a distanza considerevoli tra loro; al contrario deve trattarsi di azioni reiterate, ravvicinate nel tempo e consapevolmente dirette a ledere i beni tutelati dalla L. n. 154/2001.
Casi in cui il giudice può emettere l'ordine di protezione
Il giudice può emettere l'ordine di protezione ove l'abuso causi uno dei seguenti eventi:
• Lesione rilevante alla persona;
• Rischio concreto e attuale di subire violenze gravi;
• Grave danno all'integrità morale di una persona, a condizione che la lesione sia di entità non comune per la ripetitività, o la prolungata durata nel tempo della sofferenza (cfr. Trib. Rovereto 26.07.2007; Trib. Bari 28.07.2004 );
La giurisprudenza ha ritenuto di legittimare l'ordine di protezione nelle seguenti fattispecie:
• Coniuge che effettua continui pedinamenti e controlli telefonici dell'altro, usa epiteti dispregiativi e gli nega ogni sostegno economico (cfr. Trib. Bari 18 luglio 2001);
• Marito che a seguito di un litigio f a cadere la moglie dalle scale provocandole lesioni (cfr. Trib. Monza 28 febbraio 2012 );
• Figlio maggiorenne che si sia reso protagonista di condotte violente e minacciose perpetrate nei confronti dei genitori a cui abbia assistito anche la sorella minorenne, perciò esposta a un potenziale pericolo derivante dalla convivenza con il fratello (cfr. Tribunale Caltanissetta, 02/03/2021).
È da notare che per l'emissione dell'ordine di protezione non è necessario che perduri la convivenza, il Tribunale di Bari, con sentenza 11 aprile 2013, ha stabilito che: "promosso il ricorso di cui all'art. 342 bis c.c., non è circostanza ostativa alla concessione dell'ordine di allontanamento coatto dalla casa familiare del coniuge violento il fatto che il coniuge abusato e la prole minore si siano, nelle more, rifugiati presso la famiglia di origine del coniuge ricorrente: in tale ipotesi, infatti, cessata la convivenza, nonostante l'allontanamento volontario dalla casa familiare del coniuge abusato, in attesa della definizione del procedimento, resta impregiudicato nel medesimo l'interesse all'ottenimento dell'invocato ordine di protezione" (cfr. anche Trib. Min. Milano 3.12.2010; App. Catania 29.02.2016; Trib. Napoli 2.7.2008).
In tali drammatiche fattispecie è possibile che emergano le così dette "fattispecie di violenza assistita" e in tal caso: «… ove la vittima diretta dei maltrattamenti è un genitore e i figli vengono loro malgrado costretti ad assistervi, sussiste una sovrapposizione di competenze tra il giudice civile, adito ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c. e dell'art. 736 bis c.p.c., e il tribunale per i minorenni. Tale sovrapposizione di competenze non preclude al giudice civile di pronunciare – intervenuto decreto del tribunale per i minorenni che dispone, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., l'allontanamento del genitore violento dalla casa familiare e l'affidamento del figlio minore – non solo l'allontanamento dalla casa familiare del medesimo genitore, ma anche la cessazione della condotta pregiudizievole, quale contenuto essenziale dell'ordine di protezione di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c.» (cfr. T. Piacenza, 21.10.2008).
C'è da aggiungere che gli ordini di protezione possono essere richiesti anche quando la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente. In tal caso l'istanza è proposta dal componente del nucleo familiare in danno del quale è tenuta la condotta pregiudizievole; è il caso dei genitori anziani maltrattati dai figli maggiorenni (cfr. Trib. Messina 24 settembre 2015).
Ne consegue che legittimati a chiedere l'emanazione di un ordine di protezione sono non solo il coniuge, il convivente more uxorio, il convivente unito civilmente ex art. 1 comma 14 della l. 20 maggio 2016, n. 76, ma anche il figlio minorenne e, più in generale, qualsiasi altra persona che conviva con l'autore della condotta.
I contenuti che possono assumere gli ordini di protezione
L'art. 342-ter c.c., invece, chiarisce quali sono i contenuti che possono assumere gli ordini di protezione.
Vi è un contenuto necessario, che può essere declinato in due elementi:
• l'ordine di interrompere la condotta pregiudizievole;
• l'ordine di allontanamento dalla casa familiare.
La norma poi prosegue indicando ulteriori prescrizioni e obblighi che, potremmo definire facoltativi perché possono essere impartiti dal giudice «ove occorra» e cioè:
• prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante (con particolare riferimento al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, o al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro);
• disposizione di intervento dei servizi sociali del territorio, o di un centro di mediazione familiare, o di associazioni che hanno come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati (art. 342-ter comma 2 c.c.); la giurisprudenza ha chiarito che questo tipo di prescrizione non può essere imposto in via coercitiva, ma è produttivo di effetti solo se liberamente eseguita ( Trib. Novara 1 luglio 2011 );
• disposizione del pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, rimangano prive di mezzi adeguati. Anche in tali circostanze, come nel caso di cui all'art. 282-bis c.p.p., il giudice fissa la modalità e i termini del versamento, e prescrive, se del caso, che la somma sia versata direttamente dal datore di lavoro, il quale può poi detrarla dalla retribuzione spettante all'obbligato.
I divieti e le prescrizioni sopra elencate possono anche essere cumulativi; rientra nella discrezionalità del giudice, preso atto della situazione concreta, parametrare il contenuto del decreto di protezione sulla base delle reali esigenze delle vittime degli abusi (così Trib. S. Angelo Lombardi 2 novembre 2011).
Il procedimento
La disciplina degli ordini di protezione (ex art. 736 bis c.p.c.) è regolata dal principio dell'impulso di parte (il giudice, infatti, non può intervenire d'ufficio). L'istanza - che può proporre anche la parte personalmente - va presentata con ricorso rivolto al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'istante.
La decisione viene assunta dal giudice in camera di consiglio con un decreto motivato, che è immediatamente esecutivo.
Il presidente del tribunale assegna la trattazione del ricorso a un giudice dell'ufficio, il quale, dopo aver sentito le parti, procede alla fase istruttoria nel modo che ritiene più opportuno. In particolare, ai sensi dell'art. 736-bis comma 2 c.p.c., può disporre indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, anche per mezzo della polizia tributaria.
Qualora, tuttavia, vi sia una situazione di urgenza, il giudice può assumere immediatamente l'ordine di protezione assunte, se del caso e ove occorra, sommarie informazioni, fissando contestualmente l'udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a 15 giorni, e fissando un termine non superiore a 8 giorni per la notifica del ricorso. All'udienza di comparizione il giudice può confermare, revocare oppure modificare l'ordine di protezione che aveva precedentemente emanato inaudita altera parte.
Con il decreto con cui il giudice stabilisce l'ordine di protezione, deve essere anche indicato il termine massimo di durata, che non può essere superiore a un anno e che decorre dal giorno dell'avvenuta esecuzione dell'ordine di protezione.
In ogni caso, il decreto può essere prorogato anche oltre il termine massimo di un anno, ma solo per il tempo strettamente necessario e qualora ricorrano gravi motivi.
Il decreto motivato del giudice, qualunque sia il suo contenuto, può essere reclamato davanti al tribunale – che provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale, ascoltate le parti – entro i termini previsti dall'art. 739 c.p.c. (10 giorni dalla comunicazione del decreto se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti).
Il reclamo non sospende l'esecutività dell'ordine di protezione; c'è da rilevare, infine, che il decreto con cui il collegio decide sul reclamo non è più impugnabile.
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*A cura del Prof. Avv. Giancarlo Cerrelli
Femminicidio e Patriarcato nell’ambito della violenza di genere
di Vincenzo Lusa e Matteo Borrini*