ReArm Europe: dai progetti di riconversione produttiva una opportunità ma attenzione agli aspetti regolamentari
Le aziende che riterranno di riconvertire parti della propria produzione per il settore militare dovranno affrontare una serie di criticità collegate agli obblighi normativi e ai rischi di compliance
Le tensioni geopolitiche, aggravate dai recenti sviluppi del conflitto in Ucraina, hanno spinto le istituzioni dell’Unione Europea a porre la difesa in cima all’agenda europea e a presentare una serie di proposte volte a consentire agli Stati membri di aumentare rapidamente e in misura significativa le proprie spese nel settore della difesa.
Tra queste rientra in particolare il ‘ReArm Europe’, ovvero il piano dell’Unione Europea per rafforzare la capacità militare, che dovrebbe consentire una spesa fino a 800 miliardi di Euro per investimenti nel settore della difesa.
L’attuazione di tali iniziative comporterà un aumento della domanda di armamenti da parte degli Stati membri dell’UE, creando così nuove opportunità di business che anche le imprese operanti nel settore civile potrebbero voler cogliere. Tuttavia, tali imprese devono essere consapevoli che il settore della difesa è altamente regolamentato in Italia e che, oltre alle opportunità di crescita, l’ingresso in tale settore comporta anche diverse sfide di natura giuridica.
Tra le principali difficoltà vi sono quelle legate al rispetto degli obblighi normativi applicabili e ai rischi derivanti dalla loro violazione.
A differenza di altri Paesi membri dell’UE, in Italia la fabbricazione, detenzione e vendita di beni militari e relativi componenti, così come la loro esportazione, importazione e trasferimento intracomunitario, sono soggetti ad un processo autorizzativo molto lungo e complesso, che coinvolge diverse autorità e può richiedere diversi mesi per essere completato.
Tali aspetti sono particolarmente rilevanti considerato che la violazione dei requisiti autorizzativi è punita con sanzioni di natura penale particolarmente severe, che includono pene detentive di lunga durata.
Inoltre, la vendita, fornitura, trasferimento ed esportazione di beni militari - così come di altri beni controllati - verso determinati Paesi o a favore di soggetti designati è vietata dai regimi sanzionatori dell’UE. A tal riguardo, a seguito del recepimento della Direttiva (UE) 2024/1226, in tutti gli Stati membri dell’UE non solo le persone fisiche, ma anche quelle giuridiche potranno essere ritenute responsabili della violazione di tali divieti ed incorrere in sanzioni di natura interdittiva e pecuniaria il cui importo potrà raggiungere il 5% del fatturato globale totale dell’autore della violazione o una somma corrispondente a 40 milioni di Euro.
Per evitare tali sanzioni, le società dovranno adottare ed attuare tempestivamente programmi interni di compliance costituiti da un insieme di regole e procedure finalizzate a tutelare l’ente in caso di violazioni delle leggi e dei regolamenti in materia di sanzioni e controlli all’esportazione, inclusi quelli relativi ai beni militari. Dopo il recepimento della Direttiva (UE) 2024/1226, l’adozione di tali programmi interni di compliance potrebbe infatti consentire alle società di beneficiare dell’esimente di responsabilità, anche in caso di violazioni commesse dai propri dipendenti.
Un ulteriore punto da tenere in considerazione è quello relativo alle regole specifiche che si applicano agli appalti pubblici nel settore della difesa e della sicurezza, che possono essere aggiudicati tramite procedure ristrette in deroga a quelle previste per la fornitura di beni i in altri settori industriali. La partecipazione a tali appalti rende necessaria una conoscenza approfondita della normativa applicabile al settore militare, che tra l’altro prevede requisiti in materia di trasparenza dei prezzi e di sicurezza delle informazioni.
Infine, i raggruppamenti e le associazioni temporanee di imprese, comuni nell’industria della difesa, sono soggetti alla normativa antitrust che vieta comportamenti restrittivi della concorrenza e lo scambio di alcune informazioni sensibili. Per le società che intendano collaborare con altri operatori del settore, il rispetto di tali regole è fondamentale.
In conclusione, se da un lato le iniziative a livello UE per incrementare gli investimenti nel settore della difesa rappresentano un’importante opportunità per le aziende italiane che già operano in tale settore e per quelle che hanno intenzione di riconvertire alcune produzioni a fini militari, dall’altro, per queste ultime il processo di adeguamento potrebbe non essere semplice né immediato e richiedere importanti investimenti al fine di conformarsi ai requisiti legali richiesti e ai cosiddetti best compliance standard del settore.
______
*Roberto Cursano (Partner) e Riccardo Ovidi (Counsel), Studio Legale Delfino e Associati Willkie Farr & Gallagher LLP