Penale

Reati edilizi, il comproprietario non risponde penalmente se estraneo all'abuso

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di Andrea Alberto Moramarco

Non basta essere comproprietario di un immobile per subire una condanna per un abuso edilizio realizzato sull'immobile medesimo. Tale circostanza non è da sola sufficiente ad affermare la responsabilità penale, in assenza di indizi da cui possa dedursi una compartecipazione anche morale nell'illecito. Ad affermarlo è la Corte d'appello di Palermo con la sentenza 3409/2018, che ricorda come la responsabilità del comproprietario non può essere configurata come responsabilità omissiva.

I fatti - La vicenda penale sorge a seguito della constatazione di un abuso edilizio realizzato da un uomo nella sua villa al mare nei pressi di San Vito Lo Capo, dove senza alcuna autorizzazione e in assenza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato venivano aggiunti al fabbricato preesistente un manufatto in muratura, due tettoie e un gazebo in legno. Per tale abuso il Tribunale sanzionava penalmente sia l'uomo che la moglie di costui, sulla base della mera circostanza che l'immobile su cui erano realizzate le opere abusive era in comproprietà. La difesa ricorre però in appello chiedendo ai giudici di riconsiderare perlomeno la posizione della moglie dell'autore materiale della condotta, il quale aveva ammesso le proprie responsabilità dichiarando la totale estraneità ai fatti della consorte.

La decisione - Tale assunto coglie nel segno e induce la Corte d'appello ad assolvere l'imputata. I giudici di merito ritengono, infatti, anche alla luce della dichiarazione del marito, che l'unico elemento a carico della donna risulta essere la comproprietà dell'immobile. Tuttavia, ciò non basta a fondare una responsabilità penale. Ebbene, ricorda la Corte, secondo orientamento costante in giurisprudenza, «la responsabilità del proprietario o comproprietario non committente non può essere oggettivamente dedotta dal diritto sul bene, né può essere configurata come responsabilità omissiva per difetto di vigilanza». Tale responsabilità invece deve essere dedotta da indizi «idonei a sostenere la sua compartecipazione, anche morale, al reato», come ad esempio la presenza e la vigilanza durante lo svolgimento dei lavori, il deposito di provvedimenti abilitativi, la fruizione dell'immobile.
Nel caso di specie, chiosa il Collegio, non c'è alcuna prova del coinvolgimento in concorso nel reato di abuso edilizio da parte dell'imputata, «non potendo ritenersi sufficiente la mera circostanza di essere comproprietaria dell'immobile, unitamente al coniuge».

Corte d'Appello di Palermo - Sezione IV penale – Sentenza 6 luglio 2018 n. 3409

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