Reati di market abuse, sanzioni penali e amministrative da riequilibrare
Il cumulo di sanzioni penali e amministrative in caso di reati di market abuse non è affatto illegittimo, ma non può eccedere, tra gli altri, il canone della proporzionalità. Così la Corte di cassazione penale con la sentenza n. 397 di ieri ha accolto il ricorso di un manager chief investiment officier , annullando la sentenza della Corte di appello di Milano di condannna per il reato di abuso di informazioni privilegiate, limitatamente al trattamento sanzionatorio e alla misura del risarcimento del danno riconosciuto alla Consob, come parte civile. Infatti, dicono i giudici che se è vero che non scatta il divieto di bis in idem per la duplicazione degli strumenti repressivi - uno affidato al giudice penale e uno all'autorità amministrativa competente - è pur vero che il risultato del trattamento sanzionatorio concreto non può essere frutto di una pura duplicazione di strumenti repressivi sul medesimo fatto. Perciò se ad esempio - come nel caso concreto - il procedimento Consob si è concluso per la mancata impugnazione della delibera il giudice penale non può non tener conto di quanto già comminato al responsabile del reato finanziario nel procedimento amministrativo. La Corte di appello nel confermare la condanna di primo grado a un anno di reclusione e al pagamento di 20mila euro di multa aveva in più riconosciuto 25mila euro di risarcimento danni alla Consob, costituitasi parte civile nel processo penale. Il ricorso per cassazione lamenta però che la somma delle sanzioni pecuniarie amministrative derivanti dal giudizio penale e dal procedimento guidato dalla Consob , comprensive della confisca del profitto del reato e degli strumenti atti a commetterlo, aveva raggiunto la somma di 300mila euro a fronte di un illecito profitto di 50mila. La Cassazione rinvia al giudice di secondo grado la commisurazione tra le multe in sede penale e le sanzioni Consob che - in parte - sono solo formalmente amministrative, perché di fatto penali per la loro funzione fondamentalmente sanzionatorio-repressiva. Stesso discorso vale per la riparazione economica accordata dal giudice penale all'ente amministrativo di controllo dei mercati finanziari, che va fissata tenendo conto che la facoltà di Consob di avere accesso al processo penale, come previsto dall'articolo 187 undicies del Tuf , è una facoltà scissa in due componenti. Quella ordinaria di costituirsi come parte civile in quanto portatrice di interessi e quella specifica di vedere riparati i danni conseguenti ad abusi di mercato. Di conseguenza il giudice nell'esaminare il quantum della riparazione ex articolo 187 undicies deve fissare l'importo tenendo conto della parte essenzialmente "penale" delle sanzioni comminate da Consob, in modo da rispettare la proporzionalità dell'intero trattamento sanzionatorio.
Ne bis in idem e proporzionalità - La sentenza di legittimità è imperniata sulla recente evoluzione della giurisprudenza sovranazionale europea della Corte di giustizia Ue della Corte dei diritti dell'uomo, che attualmente adottano un'interpretazione meno rigida del divieto di bis in idem non escludendo la possibilità di una duplicazione (facoltà di fatto accordata agli Stati) di procedimenti penale e amministrativo, a patto che vi sia tra questi un contemperamento. C'è appunto un limite che non può essere travalicato nella previsione di diverse conseguenze "repressive": a chi, colpevole o sospettato di aver commesso un reato, si trovi sotto la lente di un "meccanismo integrato" (in sé non illecito) non deve risultare impossibile, ma neanche eccessivamente gravoso, l'esercizio di un'effettiva difesa. In concreto - come spiega la Cassazione - nella repressione di un reato attraverso strumenti diversi indipendenti va affermata la necessità di un nesso materiale e di un nesso temporale, che impongono la presa in considerazione delle risultanze dei diversi procedimenti e la loro più possibile contiguità nel tempo. Due binari separati che non possono però ignorarsi a meno di incorrere nel rischio di un'eccessiva onerosità o di duplicare sanzioni raggiungendo la sproporzione rispetto al fatto criminoso.
Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 9 gennaio 2020 n. 397