Penale

Reato entrare in casa propria con violenza se c'è un altro

A rilevare è il fatto che l'immobile sia usato da anni dal vecchio proprietario. Per la Cassazione non si può parlare di autoreintegrazione nel possesso, considerato il tempo trascorso

di Marina Crisafi

Rischia una condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni chi cerca di accedere con violenza in un immobile di proprietà, ignorando che è utilizzato da molti anni da un'altra persona. Questo quanto si ricava dalla sentenza n. 30328/2022 della sesta sezione penale della Cassazione.

La vicenda
Protagonista della vicenda portata davanti alla S.C. un uomo condannato in appello per il reato di cui all'articolo 392 c.p. per aver cercato di introdursi con violenza nell'immobile di sua proprietà da anni in possesso del vecchio proprietario.
Nello specifico, l'imputato chiedeva l'annullamento della sentenza deducendo violazione di legge e vizio della motivazione nel dare credito alle inattendibili dichiarazioni della persona offesa (che aveva affermato di essere da anni in possesso dell'immobile acquistato dall'imputato) trascurando il contenuto dell'atto notarile di compravendita attestante la vendita della proprietà dell'immobile.
Dagli atti emergeva che le condotte dell'imputato, quale evidente manifestazione della sua volontà di esercitare un diritto di proprietà o il possesso, erano consistite nella reiterata rottura e asportazione delle catene e del lucchetto del cancello di ingresso, nella rimozione della recinzione dell'area di pertinenza dell'immobile e delle masserizie presenti nella casa, oltre che nella realizzazione di una pavimentazione in cemento.
Dal canto suo, la parte lesa lamentava lo spoglio avvenuto nei propri confronti, dopo che da oltre 20 anni utilizzava pacificamente uti dominus l'immobile.

La decisione
La Cassazione ritiene il ricorso inammissibile. Deve ribadirsi, infatti, affermano dal Palazzaccio che "l'arbitrarietà dell'esercizio delle proprie ragioni può escludersi solo se l'agente attua un comportamento violento per mantenere il suo possesso attuale (violenza manutentiva) o per recuperarlo nell'immediatezza dello spoglio subito (violenza reintegrativa) perché in entrambi i casi l'ordine giuridico preesistente è conservato e non turbato (cfr., tra le altre, Cass. n. 4975/2006; n. 20277/2001).
Più precisamente, rincarano i giudici, "l'autoreintegrazione nel possesso di una cosa, della quale taluno sia spogliato clandestinamente o con violenza, opera come causa speciale di giustificazione solo quando sia impossibile il ricorso al giudice e l'azione relativa avvenga nell'immediatezza di quella lesiva del diritto, per l'impellente necessità di ripristinare il possesso perduto, al fine di impedire il consolidamento della nuova".
Condizioni che evidentemente non ricorrono nel caso di specie, per cui il ricorso viene dichiarato inammissibile e l'imputato ricorrente condannato anche al pagamento delle spese processuali e di 3mila euro alla Cassa delle ammende.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©