Penale

Reato di infanticidio: l'elemento "specializzante" rispetto al reato di omicidio

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Diritto penale della persona e della famiglia - Reati contro la persona - Procurato aborto - Infanticidio - Omicidio - Elementi costitutivi e distintivi.
In tema di delitti contro la persona, l'elemento "specializzante" del reato di infanticidio previsto dall'art. 578 del codice penale, rispetto al reato di omicidio disciplinato dall'art. 575 c.p., è costituito dalle condizioni di abbandono materiale e morale in cui versa la madre del neonato (se il delitto si consuma immediatamente dopo il parto) o del feto (se avviene durante il parto). La condotta prevista dall'art. 578 cod. pen. si realizza dal momento del distacco del feto dall'utero materno: con la "locuzione durante il parto" si stabilisce il limite prima del quale la vita del prodotto del concepimento è tutelata da altro reato: il procurato aborto.
• Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 20 giugno 2019 n. 27539

Delitti contro la vita e l'incolumità individuale - Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale - Differente regime sanzionatorio previsto per l'infanticidio rispetto alla generale norma incriminatrice dell'omicidio volontario - Necessità di leggere in chiave soggettiva la situazione di abbandono materiale e morale connessa al parto.
La situazione di abbandono materiale e morale connessa al parto, necessaria a integrare l'elemento materiale del delitto di cui all'articolo 578 cod. pen., non deve rivestire un carattere di oggettiva assolutezza, trattandosi di un elemento costitutivo da leggere in chiave soggettiva, nel senso della sufficienza - a determinare la configurazione dello specifico titolo di reato (in luogo di quello di cui all'articolo 575 cod. pen.) - della percezione di totale abbandono avvertita dalla donna nell'ambito di una complessa esperienza emotiva e mentale quale quella che accompagna la gravidanza e poi il parto. Il differente regime sanzionatorio previsto per l'infanticidio - rispetto alla generale norma incriminatrice dell'omicidio volontario – trova la sua ragione giustificativa non già nell'oggetto del reato, trattandosi comunque di un'offesa arrecata al bene giuridico della vita umana, bensì sul piano soggettivo, pervenendo a una valutazione di minore colpevolezza del fatto in base alla considerazione delle condizioni di turbamento psichico ed emotivo connesse al parto e al contesto di particolare difficoltà, sfavore e solitudine in cui la gestazione prima e il parto poi possono collocarsi, svolgendo un ruolo attivo nel determinismo dell'evento criminoso (e ciò con particolare riguardo alle ipotesi di gravidanza nascosta od osteggiata, nonché alle situazioni di solitudine materiale ed affettiva, di immaturità, di povertà materiale, di deficit intellettivo, in cui la donna possa venire concretamente a trovarsi).
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 20 gennaio 2014 n. 2267

Omicidio - Infanticidio - Elemento oggettivo - Condizioni di abbandono - Elemento soggettivo - Stato di solitudine esistenziale della donna - Configurabilità - Individuazione.
Ai fini della configurabilità, in luogo della più grave figura di reato costituita dall'omicidio volontario, di quella dell'infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale, non può accedersi ad una nozione puramente oggettiva dello stato di abbandono, facendolo coincidere con una situazione di assoluta derelizione ovvero di isolamento tale da non consentire l'intervento o l'aiuto di terzi né un qualsiasi soccorso fisico o morale, ma deve piuttosto preferirsi un'interpretazione della norma in chiave soggettiva, per la quale, pur quando sia possibile, nel contesto territoriale in cui avviene il parto, il ricorso da parte della madre all'aiuto di presidi sanitari o di altre strutture, si riconosca la sussistenza della condizione di abbandono anche nello stato di solitudine esistenziale in cui versi la donna e che impedisca a quest'ultima di cogliere le suddette opportunità, inducendola a partorire in una situazione di effettiva derelizione, quale può derivare anche dall'indifferenza dell'ambiente familiare.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 19 giugno 2013 n. 26663

Reati contro la persona - In genere - Omicidio - Infanticidio - Presupposto che il feto sia vivo - Rilevanza - Presupposti che il feto sia vitale - Irrilevanza.
Sia nella fattispecie dell'omicidio volontario che in quella dell'infanticidio costituisce presupposto necessario che il feto sia vivo fino al realizzarsi della condotta che ne cagiona la morte, pur non richiedendosi che esso sia altresì vitale ovvero immune da anomalie anatomiche e patologie funzionali, potenzialmente idonee a causarne la morte in tempi brevi, perché costituisce omicidio anche solo anticipare di una frazione minima di tempo l'evento letale.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 2 dicembre 2004 n. 46945

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